Siete soliti lasciare l’auto in seconda fila, magari chiusa a chiave? Siete continuamente al centro di imprecazioni per avere bloccato con la vostra vettura per lunghissimi minuti le altre auto parcheggiate lì accanto? Attenti allora, perché potreste finire sotto processo per violenza privata, oltre a risarcire i danni alla “vittima”. È quanto accaduto ad una donna che, avendo parcheggiato la propria auto in modo da chiudere quella di un altro condomino, ha impedito per oltre un’ora a quest’ultimo di uscire dal parcheggio, nonostante avesse avvertito la “parcheggiatrice abusiva” con il clacson e per citofono. La Cassazione penale, con la sentenza 7592 del 2011, ha infatti condannato la donna che ha parcheggiato la propria vettura in seconda fila per violenza privata, comminandole la pena di 30 giorni di reclusione, oltre al risarcimento dei danni. Secondo i supremi giudici, infatti, il comportamento della parcheggiatrice sarebbe apparso indicativo di una volontà di impedire all’altro condomino, per un certo lasso di tempo, di allontanarsi liberamente e volontariamente dalla propria abitazione con la sua auto. Secondo quanto emerso dal processo penale, la donna “posteggiatrice abusiva” avrebbe lasciato trascorrere circa un’ora, senza scendere e senza nemmeno affacciarsi per spiegare che la sua impossibilità di spostare l’auto era dovuta al fatto di avere perso le chiavi e di non riuscire a ritrovarle. Da qui la condanna alla pena di 30 giorni di reclusione e al risarcimento dei danni subiti dalla persona offesa per violenza privata.
Per il codice penale (articolo 610) commette il reato di violenza privata chi «con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa». Se il fatto è accertato la pena sarà la reclusione fino a quattro anni. Secondo gli stessi giudici romani che hanno affrontato la vicenda (vedi sentenza 1671 del 2006), «nel reato di violenza privata il requisito della violenza si identifichi con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione l’offeso, il quale sia, pertanto, costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà».
Ritornando al caso qui esaminato, il reato di violenza privata si sarebbe consumato, non tanto nel momento in cui la donna aveva parcheggiato in seconda fila la propria auto, ma nel rifiuto a spostarla, rifiuto che ha prodotto nella “vittima” come conseguenza il dovere tollerare, contro la propria volontà, un atteggiamento che ha privato l’altro condomino della libertà di azione, cioè di potere lasciare con la propria autovettura il posto in qualunque momento.
Perciò, cari lettori, pensateci quando lasciate in doppia fila per tanto tempo la vostra vettura. Potreste rischiare il carcere.
Fonte: Il sole-24 ore.
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