Esercizio dei propri diritti, ecco i tempi di prescrizione


Talvolta può capitare che, dopo anni di disinteresse a riscuotere il canone di locazione del magazzino lasciatoci in eredità dal nonno o ad ottenere dall’assicurazione il risarcimento per quel graffietto causato sulla portiera dell’auto, improvvisamente ci “svegliamo”, magari spinti dal consiglio dell’amico o del cugino più “furbo”, e chiediamo il nostro, sentendoci però rispondere di non potere fare più nulla perché il diritto è ormai prescritto, rimanendo così con un pugno di mosche in mano e l’amaro in bocca.
Ma cosa è la “prescrizione”? La prescrizione è l'estinzione di un diritto a causa del suo mancato esercizio entro il termine previsto dalla legge. Le regole sulla prescrizione vogliono “punire” in pratica chi non si attiva in tempo per tutelare i propri diritti, dando contemporaneamente certezza al diritto, sulla base della presunzione che chi avanza delle pretese dopo tanto tempo, probabilmente lo ha fatto perché in realtà ha ormai perduto l’interesse. Di regola il termine ordinario di prescrizione, cioè il tempo entro il quale un diritto deve essere esercitato, è di dieci anni dal giorno in cui il diritto stesso può esser fatto valere. Lo dice l’articolo 2946 del codice civile. Ma questa regola generale presenta diverse eccezioni, che riducono il termine di prescrizione. E così:
si prescrivono in cinque anni:
- il diritto a riscuotere gli interessi e tutto ciò che si paga periodicamente ogni anno;
- il diritto del proprietario a riscuotere le pigioni e i canoni di locazione degli immobili e di affitto;
- il diritto alle indennità spettanti al lavoratore alla fine del rapporto di lavoro (per esempio, la cosiddetta buonuscita);  
- i diritti che derivano dai rapporti sociali (come ad esempio il diritto dei soci di una società alla riscossione dei dividendi);
- il diritto ad ottenere il risarcimento provocato dal comportamento dannoso altrui.
si prescrivono in tre anni:
- il diritto del lavoratore alla retribuzione per periodi superiori al mese;
- il diritto del professionista (medico, avvocato, notaio, commercialista, architetto, ingegnere…) al compenso per l’opera prestata alla clientela.
si prescrive in due anni:
- il diritto del danneggiato ad ottenere il risarcimento del danno subito in un incidente stradale.
si prescrivono in un anno:
- il diritto del mediatore alla sua provvigione;
- il diritto dell’assicuratore a riscuotere il premio dalla clientela;
- il diritto del lavoratore alle retribuzioni per periodi non superiori al mese;
- il diritto del commerciante per il prezzo delle merci vendute ai consumatori;
- il diritto dell’utente verso chi esercita pubblici servizi di linea (bus, pullman…);
- i diritti derivanti dai contratti di spedizione e trasporto.
si prescrivono in sei mesi:
- il diritto dell’albergatore al pagamento di vitto ed alloggio da parte della clientela.
Dalla prescrizione bisogna distinguere però la “decadenza”. Se la prescrizione, come abbiamo visto, determina l'estinzione di un diritto per il suo mancato esercizio entro il termine previsto dalla legge, la decadenza è il termine entro il quale il soggetto interessato deve compiere una certa attività, pena non poterlo fare più. Così, ad esempio, l'articolo 1495 del codice civile stabilisce che l’acquirente decade dalla garanzia (cioè la perde) se non denuncia i vizi della cosa comprata al venditore entro otto giorni dalla loro scoperta. Le leggi prevedono varie ipotesi di decadenza, che per brevità e per non annoiare i lettori si omettono qui dall’indicare.
In ogni caso è importante conoscere bene i termini di prescrizione (e di decadenza), per evitare che il rimanere fermi per tantissimi anni, aspettando chissà cosa, comporti la perdita definitiva dei propri diritti (o la possibilità di poterli esercitare in pieno), solo a causa della nostra incuria e del nostro menefreghismo. E state certi di una cosa: di fronte a tutto questo disinteresse ci sarà sempre qualcuno pronto ad approfittarne a nostro danno.       
Pubblicato su Il Mercatino - maggio 2011.

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