Pedaggio nelle autostrade siciliane? No, grazie

Doveva scattare il primo maggio, ma poi non s'è fatto più nulla, tutto fermo in attesa di tempi migliori, a causa delle vivaci proteste dei siciliani. Di cosa si tratta? Ma del pedaggio che si dovrà pagare su alcune autostrade dell’isola, nuovo balzello deciso dal governo Berlusconi ai danni degli abitanti della Sicilia per fare cassa. Le proteste dei suoi abitanti hanno – per il momento – congelato tutto, ma fino a quando? Sindaci, assessori, deputati regionali, imprenditori e semplici cittadini si sono infatti mobilitati contro l'odioso provvedimento, che ha il solo scopo di racimolare soldi per le esose casse dell'Erario nazionale, senza alcun vantaggio per la Sicilia. Nel nostro Comprensorio la protesta è partita subito dagli abitanti dei comuni delle Madonie, certamente i più penalizzati dal provvedimento governativo, anche perché per recarsi in città devono per forza usare l’autostrada, non avendo altre strade alternative alla A19 Palermo-Catania. Secondo la decisione adottata dal consiglio dei ministri, d’ora in poi si dovrà pagare per percorrere le autostrade A19 Palermo-Catania e A29 Palermo-Mazara del Vallo ed i raccordi cittadini, quindi anche la circonvallazione del capoluogo. Dal provvedimento sono interessati 425 chilometri di autostrade, pari al 45 per cento dell’intera rete stradale Anas siciliana. Ma quale sarà l’importo a carico degli automobilisti? Un euro e 50 a tratta. Sembra poco, ma se facciamo un po’ di conti, vedremo subito che non è affatto così. Chi ogni giorno deve recarsi a Palermo da Termini Imerese, Cefalù o dai paesi delle Madonie per lavoro dovrà spendere in pratica tre euro (1,50 a tratta) che, moltiplicati per cinque giorni lavorativi, fanno 15 euro a settimana, cioè 60 euro al mese, 720 euro l'anno. Una vera tassa occulta ai danni dei cittadini, «una follia», volendo usare le parole del consigliere comunale del Pd di Palermo, Maurizio Pellegrino, a cui proprio non va giù il fatto di dovere pagare per percorrere la via Regione Siciliana, cioè la circonvallazione. Da qui l’idea della protesta, che ha bloccato il provvedimento in attesa di tempi migliori. Amministratori locali, cittadini, imprenditori, rappresentanti di associazioni di categoria e di partiti politici hanno infatti manifestato tutte le loro preoccupazioni sulle conseguenze che il pedaggio causerà sul già debole tessuto produttivo e sociale del Comprensorio Termini-Cefalù-Madonie, non solo per gli effetti diretti sulle tasche degli automobilisti, che volenti o nolenti devono percorrere le autostrade siciliane, ma anche per quelli prodotti sul costo delle merci trasportate su gomma, che sicuramente aumenterà per effetto del pedaggio autostradale. «Per i prodotti agricoli – rileva il presidente della Confagricoltura siciliana, Gerardo Diana – si prospetta un nuovo incremento dei costi, allontanando ancora di più la Sicilia dall’Europa». Rincara la dose anche Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Palermo. «Le autostrade siciliane – ha detto Albanese - sono in condizioni pietose: non hanno una rete stradale alternativa, ci sono interi viadotti a corsia unica, gallerie non illuminate; ci sono carreggiate strettissime al limite della regolarità e non esiste una rete efficiente di trasporti pubblici per passeggeri». Quindi un vero disastro. Così a Caltavuturo domenica 27 marzo si è tenuta un’agguerrita assemblea pubblica, durante la quale sono stati individuati due percorsi di protesta, uno istituzionale, l'altro politico. Il primo mira alla costituzione di un comitato di sindaci ed associazioni per preparare un documento da inviare al prefetto, al presidente della Regione ed ai ministri delle infrastrutture e dell’economia, nonché un ordine del giorno da far approvare da tutti i consigli comunali dei paesi siciliani danneggiati dal decreto (oltre 100 comuni, divisi in 5 province). L'altra strada da battere, quella politica, voluta da Sinistra ecologia e libertà madonita, mira invece a promuovere una massiccia campagna informativa tra i cittadini, per realizzare incisive forme di protesta, con petizioni, sit-in, documenti e quant’altro necessario per fare ritirare il provvedimento al governo nazionale. L’intero percorso sfocerà infine anche in un’azione legale, diretta a fare dichiarare illegittima la decisione del governo. Chi protesta considera infatti il decreto ministeriale che impone il pedaggio sulle autostrade siciliane in contrasto con l’articolo 32 dello Statuto regionale siciliano, per il quale il demanio stradale è di competenza della Regione e non dello Stato e, quindi, solo alla prima competerebbe il potere di imporre un eventuale pedaggio. La protesta dei cittadini del Comprensorio è dilagata fino a giungere al prefetto di Palermo – al quale è stata consegnata una petizione firmata da migliaia di cittadini - ed al ministro delle infrastrutture Altero Matteoli, che ha garantito che si farà portavoce nel governo delle richieste dei siciliani e che comunque proporrà agevolazioni per gli utenti abituali delle autostrade. Per intanto il primo maggio è trascorso, senza che l’odioso balzello sia diventato ancora operativo. Nel frattempo però l’Anas non ha perso tempo ed ha già bandito la gara per attivare il sistema di pagamento free flow, cioè senza caselli, ma con il controllo dei varchi di accesso con telecamere e sistemi a radiofrequenza e microchip applicati sui parabrezza dei veicoli. In questo modo però ci saranno solo incassi, senza che sia investito un solo euro in nuovi posti di lavoro, mentre l’Anas non guadagnerebbe nulla da questa operazione, perché la somma dei pedaggi verrà defalcata dai trasferimenti statali alla società. In questo modo, il governo nazionale penserebbe di recuperare trecento milioni di euro. E circa la metà arriverà proprio dalle tasche dei siciliani, che non guadagneranno nulla. Solo pagare e sorridere. Di amarezza.

Pubblicato su Espero - Maggio 2011.

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