Divorzi in calo nel Comprensorio Termini-Cefalù-Madonie

Termini Imerese. C’è sempre una prima volta. E questa volta è toccato ai divorzi. Dopo un trend di continua e costante crescita negli ultimi cinque anni, nel 2010 per la prima volta i divorzi pronunciati nel Comprensorio Termini-Cefalù-Madonie sono calati. Fino al 2009, infatti, il numero delle coppie che hanno detto addio per sempre al loro sogno d’amore è stato costantemente in crescita. Solo nel 2010 c’è stata un’inversione di tendenza, ed il trend è divenuto negativo. Ma facciamo parlare i numeri. Fino al 2009 il tribunale di Termini Imerese, competente a dichiarare lo “scioglimento degli effetti civili del matrimonio”, come tecnicamente si chiama il divorzio, quando – come è normalmente da noi - si tratta di matrimoni celebrati in chiesa di coppie che risiedono anche nel cefaludese o nei paesi delle Madonie, oltre che a Termini, aveva pronunciato un numero di sentenze sempre crescente. Nel 2010 c’è stata un’inversione di rotta. Si è passati infatti dai 143 provvedimenti di divorzio del 2009 ai 135 dell’anno successivo. Una riduzione di appena otto pronunzie, irrilevante numericamente, ma significativa. Dei 135 divorzi dichiarati dai giudici termitani, 53 sono giudiziari e 82 consensuali. I giudiziari sono pronunciati dal tribunale quando non c’è accordo da parte degli ex coniugi. I congiunti invece sono quelle decisioni prese su ricorso appunto congiunto delle parti, che hanno raggiunto un accordo sui beni familiari, sull’assegno di divorzio e sull’affidamento dei figli minorenni, se ci sono. L’anno prima erano rispettivamente 64 e 79, per un totale come detto di 143 decisioni di scioglimento del matrimonio. Fino ad allora il trend è stato sempre in crescita. E così nel 2008 i divorzi sono stati 141, di cui 48 giudiziari e 93 congiunti, mentre nel 2007 sono stati 109 (34 giudiziari e 75 congiunti). Appena 91 i divorzi pronunziati dal tribunale di Termini Imerese nel 2006, di cui 23 giudiziari e 68 congiunti. Quindi un trend chiaramente in continua, progressiva crescita (91 nel 2006, 109 nel 2007, 141 l’anno dopo e infine 143 nel 2009). Sono l’anno 2010 segna invece un declino, essendosi passati dai 143 divorzi dell’anno 2009, ai 135 dell’anno dopo. Il dato numerico non pare molto rilevante, appena otto decisioni in meno, ma potrebbe segnare l’inizio di un declino, l’inizio di un trend negativo? A questo punto dovremmo chiederci perché. E molte potrebbero essere le risposte possibili. Quella più “banale” sembra essere la “riscoperta dei valori tradizionali”: casa, famiglia, coppia, chiesa, sacramenti… se non fosse che apparirebbe poco credibile, in un clima sociale che invece induce tutti a dire proprio il contrario. Sembrerebbe poco serio che oggi ci sia ancora chi crede in tali valori, quando le statistiche ed i sondaggi, ma anche l’osservazione dell’uomo della strada fanno pensare proprio il contrario. E allora ecco che qualcuno tira fuori la denatalità. Siccome – si dice - i baby boomers, cioè gli italiani (e i siciliani) nati negli anni del boom economico dei ‘50 e ’60 sono ormai felicemente sposati da tempo e navigano verso la mezza età, la riduzione delle nascite delle generazioni successive ha ridotto anche i matrimoni e di conseguenza anche i divorzi. Tesi questa poco probabile, perché nulla toglie che a divorziare possano essere anche coppie più “anziane”, già “decotte” e “navigate”, ma anche stufe di vivere accanto l’uno all’altra per anni. Ed allora ecco che spunta un’altra ipotesi, quella della crisi economica. In periodo di crisi divorziare costa parecchio – tra spese di avvocato e giudiziarie, assegni di divorzio e di mantenimento e spese per cercare un’altra casa per chi è andato via dal focolare domestico – ed allora ecco che si “stringono i denti” e si sopporta di più l’altro coniuge e magari si diventa “separati in casa”, come quel personaggio creato dall’indimenticabile Riccardo Pazzaglia. Si convive così forzatamente sotto lo stesso tetto, magari dormendo in stanze separate, una in stanza da letto, l’altro in salotto, facendo vita autonoma, pur di non affrontare le lungaggini e soprattutto le spese del divorzio. Eh già, perché dire addio alla moglie troppo petulante o al marito eccessivamente brontolone, può costare davvero parecchio. Alcune migliaia di euro per avvocati e spese giudiziarie, oltre gli obblighi nascenti dalla sentenza di divorzio. Chi infatti avrà auto l’addebito della rottura del menage familiare o chi dei due coniugi è più “ricco”, intendendo per tale anche il semplice operaio con moglie casalinga e figli a carico, dovrà sobbarcarsi pure l’assegno di divorzio e di mantenimento per il coniuge e per i figli, oltre alla necessità di trovarsi un altro alloggio, diverso dalla casa coniugale, se non si ha la fortuna di ritornare a vivere con mammà. E per un operaio che guadagna 1000, 1000duecento euro al mese, spesso anche in nero, sono dolori. È forse questa la causa vera del declino dei divorzi? Potrebbe anche darsi. In ogni caso dovremmo vedere se questo trend negativo continuerà anche per l’anno in corso e per i prossimi a venire. In questo caso sarà davvero utile esaminarlo attentamente e scoprirne le vere cause. Per intanto registriamolo solo come un fatto di cronaca.

Pubblicato su Espero - giugno 2011. 

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