Bocca e l'antifascismo

Appresa la notizia della morte di Giorgio Bocca, giornalista, scrittore, partigiano e antifascista, abbiamo voluto lasciare agli altri i ricordi e i coccodrilli, pensando che in tutto questo circo mediatico costruito attorno alla sua morte, avrebbe fatto più scrusciu il silenzio. 
Adesso però credo sia opportuno lasciare a voi, a noi, a tutti un ricordo serio e pacato di Bocca antifascista, un testamento morale per le nuove generazioni; un memorandum per chi non è proprio più giovane e crede ancora in certi valori inossidabili.
Ecco qui una parte - la più significativa - di un'intervista rilasciata dal giornalista nel marzo 2010 alla rivista studentesca di Verona Il Superstite e ripresa da la Repubblica del 28 dicembre.
Lei quando era ragazzo è stato fascista. Quando e perché ha iniziato ha maturare una coscienza antifascista? 
«La questione è fondamentale. Essere fascista in un regime dittatoriale non significa aver aderito al fascismo, vuol dire essere obbligato a iscriversi al fascio. Il mio fascismo consisteva nell´andare a sciare, del fascismo non sapevo assolutamente nulla. Al corso di Allievi Ufficiali ho incontrato dei colleghi giovani antifascisti e insieme avevamo persino pensato di scappare in Svizzera, ma ciò significava disertare ed essere fucilati. Eravamo stanchi del fascismo, come tutti».
Cosa ha significato per lei la resistenza?
«Per me la Resistenza ha significato l´ingresso nella vita politica. Per la prima volta ho potuto far politica sul serio, sapendo cosa facevo e scegliendo per conto mio la libertà».
Molti partigiani hanno vissuto il dopoguerra come un tradimento della resistenza. Fu cosi anche per lei?
«Semplicemente c´è stato un chiarimento: si è capito che la maggior parte degli italiani non erano pronti a fare gli antifascisti. Erano semmai pronti ad obbedire ad un nuovo padrone».
In questi ultimi anni assistiamo a un revisionismo storico riguardo a ciò che è stata la Resistenza partigiana. Crede sia colpa della classe politica o di una parte del popolo italiano?
«La revisione è un fenomeno tipico della cultura italiana: gli italiani rompono sempre le bambole che hanno fabbricato. Tutte le cose buone che vengono fatte in questo paese vengono criticate e distrutte»
Lei ritiene che oggigiorno abbia ancora senso definirsi antifascisti?
«Io penso di sì perché la tendenza di una buona parte dell´opinione pubblica italiana è di essere fascista senza saperlo».
Quindi che cosa significa oggi essere antifascista? Cioè cosa può fare in concreto un antifascista?
«L´antifascista deve pretendere che i diritti civili siano rispettati, pretendere che la libertà di stampa esista, pretendere che la libertà di parola e di voto esita, insomma difendere tutti quei diritti che devono essere garantiti in una democrazia. Un antifascista deve impegnarsi a difendere la democrazia in prima persona. Siccome questi diritti vengono violati continuamente, e la gente non se ne accorge, come la libertà di stampa, bisogna vigilare sempre».

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