La finanza mondiale e l'elefante

La barca dell’economia mondiale procede squilibrata. Ha a bordo un elefante, che si muove disordinatamente e rischia continuamente di capovolgerla.
Così inizia un articolo di Ugo Intini, sulla crisi economica globale, la politica e la situazione italiana, pubblicato su l'Avanti! della Domenica del 18 dicembre 2011, che merita davvero di essere letto. Ve lo propongo perché mi pare molto interessante per le cose che dice.
A proposito: l'Avanti! di cui parlo è quello "giusto", quello socialista e di sinistra, non quello di Lavitola, pagato da mister B.

L’elefante si chiama finanza globale e il suo corpo è costituito prevalentemente dai titoli derivati. Sta sostituendo l’economia reale con una economia di carta. Questa economia di carta,come un tessuto canceroso, raddoppia ogni due anni, rischiando di soffocare l’economia reale.
Vogliamo dirlo più brutalmente? Il disastro economico è nato per il crollo del sistema finanziario nel 2007. Non è stato colpa dei pensionati. Né dei salariati. Né degli imprenditori che cercano di lavorare e competere. No. E’ stata colpa di una banda di irresponsabili o di delinquenti, finti tecnici e finti economisti. Che hanno trasformato le Borse in un casinò senza frontiere. Che hanno perseguito una ricchezza di carta, virtuale, distruggendo la ricchezza vera, che si tocca con mano, che nasce dal lavoro. Gli Stati li hanno salvati dalla bancarotta. Erano obbligati. Si è così stabilito, però, per la prima volta nella storia, un principio che un tempo i finanzieri neppure avrebbero osato sognare. Il principio che gli utili sono privati (dei finanzieri) e le perdite sono pubbliche (di tutti). Quando va bene si arricchiscono loro, quando va male, paghiamo noi. C’è di più. La finanza internazionale ha ricevuto dunque soldi a palate dagli Stati e adesso li usa per far fallire gli Stati stessi speculando al ribasso sui loro titoli, mordendo la mano di chi li ha soccorsi.
Dobbiamo ringraziare i giovani ‘indignati’. I giornali italiani se la prendono con i costi della politica (un po’ per liquidarla del tutto, un po’ per sviare l’attenzione dai colpevoli veri). Dimenticano tra l’altro che l’intero Parlamento (Camera e Senato) costa ai contribuenti meno della RAI. Ma i giovani indignati hanno puntato il dito contro la trave, non contro le pagliuzze.
Si sono chiesti sacrifici ai cittadini per l’interesse comune. Sempre, giustamente, gli imprenditori hanno detto che perseguono la ricchezza e il successo, sì certo, ma attraverso il lavoro, per la prosperità della Nazione e il bene di tutti. Adriano Olivetti, che era un socialista, e ha creato l’Olivetti dal nulla, diceva che un manager deve guadagnare dieci volte più di un operaio. Non di più. Questi guadagnano mille volte di più. Questi appartengono, per la prima volta nella storia dell’umanità, a una classe dirigente economica apolide, senza frontiere, senza lealtà nazionale, che teorizza il proprio arricchimento a qualunque costo. Anche al costo di disgregare gli Stati.
La politica non c’è più e si accetta perciò passivamente tutto. Si considera il Mercato con la M maiuscola come un valore assoluto, sciolto dalle leggi e dalla morale. I giovani ‘indignati’ hanno spezzato un tabù, ci hanno detto che la democrazia deve reagire, deve imporre regole globali alla finanza facendo ritornare le Borse luoghi dove si investe e si scambia per alimentare le imprese e il lavoro, non per distruggerli.
Può fallire anche l’Europa. Nel 2001, alla Camera, dicevo. “Mai nella storia si è vista una moneta reggere, rimanendo appesa al nulla. Dobbiamo, pertanto, appendere l’euro alla bilancia di una giustizia comune, alla spada di una difesa comune, ad una politica economica ed estera comune”. Senza una Europa politicamente unita che la sostenga, concludevo, la moneta comune crollerà. E infatti l’euro rischia adesso di crollare. C’è da sperare che, spinti dal terrore per il disastro imminente, i governi diano finalmente, subito, all’Unione Europea i poteri sovranazionali necessari. Che creino l’Europa politica, senza la quale l’Europa monetaria e l’Europa stessa non sopravvivranno. Più in generale, nel mondo, la globalizzazione, ovvero la economia globale e senza frontiere, è un bene. Ma se c’è un contrappeso, se è bilanciata da una politica altrettanto globale e senza frontiere. Veniamo a noi.
La crisi mondiale in atto ha creato l’esigenza impellente, disperata, di voltare pagina verso un governo di unità e di salvezza nazionale. E’ esattamente il governo che ho cominciato a chiedere per la prima volta al congresso di Montecatini del 2008.
“Tutte le emergenze - dicevo allora - si sono aggravate e moltiplicate. Forse il meglio della sinistra e il meglio del centro devono trovare un’intesa. Forse la parte raziocinante, politica e non anti politica, responsabile e non populista, dei due schieramenti, quella che si richiama alle grandi tradizioni culturali della prima repubblica (socialista e democristiana) deve affrontare le emergenze irrisolte e aggravate con uno sforzo di unità nazionale. Consiglio di restare leali nel centro sinistra, ma di cominciare a tessere la tela bipartisan dell’unità nazionale. Anche se oggi tutto sembra congiurare contro questo disegno, forse, ancora una volta, i fatti ci daranno ragione”. I fatti ci hanno davvero dato ragione. In pratica l’unità nazionale c’è. Anche se una classe dirigente politica senza coraggio non ha osato metterci la faccia. Ipocrisia e vergogna. Non solo.
Infinite volte ho ripetuto qual è a mio parere la parte non responsabile, populista, anti politica alla quale mi riferivo: il leghismo da una parte e il dipietrismo dall’altra. Infinite volte ho insistito sulla necessità di emarginarli entrambi. Bene. Fuori uno. La Lega si è emarginata da sola. Adesso aspettiamo il ‘fuori due’ (siamo a un passo): via anche Di Pietro. Vanno fuori perché da miserabili demagoghi quali sono, contano di cavalcare la protesta per lucrare qualche voto in più. E non è finita.
Il PdL si prepara ad esplodere, creando tre grossi frammenti. Da una parte i nani e le ballerine. Quelli che noi arginavamo nei corridoi dell’Assemblea nazionale, Berlusconi li ha portati al Parlamento e al Governo; ma sono finiti.
Da un’altra parte gli ex fascisti. Da un’altra parte gli ex socialisti e democristiani.
Il PdL esploderà. Ma vedo forti possibilità di esplosione anche nel PD, un altro contenitore senza radici, né storia, né cultura. Si reggevano a vicenda. Cadranno insieme. 
Fonte: Avanti! della Domenica - 18 dicembre 2011. 
 

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