Le successioni - seconda parte


Nella prima parte abbiamo visto cosa sono la successione ed il testamento. Qui parleremo invece della successione senza testamento: la successione legittima.
La successione legittima. Si apre solo se non c’è un testamento, oppure se il testamento non dispone dell’intero patrimonio del defunto, ma solo di singoli beni. In quest’ultimo caso, la successione legittima riguarderà solo la parte di patrimonio non destinata con il testamento. I beni del defunto, in caso di successione legittima, vengono lasciati ai suoi parenti, a partire da quelli a lui più vicini (figli e coniuge) e via via fino a quelli più lontani, sino al sesto grado di parentela. Nel caso in cui non vi siano parenti entro il sesto grado, l’eredità andrà allo Stato. Così – semplificando - ai figli, in assenza di coniuge supersite, spetterà l’intero patrimonio, diviso in parti uguali tra loro; al coniuge, in assenza di figli, ascendenti e fratelli, spetterà l’intero patrimonio; in presenza di un solo figlio e del coniuge, spetterà la metà del patrimonio ciascuno; in presenza di più figli e di coniuge, spetterà due terzi del patrimonio ai figli, divisi in parti uguali, ed un terzo al coniuge superstite. Se non ci sono figli succederanno al defunto i suoi fratelli e gli ascendenti (genitori, nonni). In questi casi, se c’è pure il coniuge, a quest’ultimo spetteranno i due terzi del patrimonio, mentre ad ascendenti e fratelli andrà il restante terzo.
Come già detto nella prima parte, l’eredità – a differenza del legato – deve essere accettata. L’accettazione potrà essere espressa o tacita. La prima è la dichiarazione scritta fatta dall’erede di accettare l’eredità, mentre l’accettazione tacita consiste nel compimento da parte dell’erede di atti che presuppongono necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe potuto compiere se non in quanto erede (ad esempio, la vendita di un bene del defunto). A seguito dell’accettazione dell’eredità, l’erede subentra nel patrimonio del defunto, nei suoi crediti e debiti - naturalmente in proporzione alla sua quota di eredità, se vi sono più eredi - con effetto dal momento della morte del defunto. L’accettazione dell’eredità determina così la “confusione dei due patrimoni”, quello del defunto e quello dell’erede, per cui l’erede dovrà rispondere con il proprio patrimonio anche degli eventuali debiti contratti del defunto quando era in vita. Per evitare ciò, l’erede potrà rinunciare all’eredità o accettare l’eredità con il beneficio di inventario. In quest’ultimo caso, non si ha la confusione dei due patrimoni e l’erede potrà pagare i debiti ereditari solo col patrimonio ricevuto in eredità, senza intaccare il proprio. Se invece l’erede rinuncia all’eredità, la sua quota andrà agli altri eredi, che erediteranno di più. Sia la rinuncia all’eredità, che l’accettazione con beneficio d’inventario devono essere fatte con una dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale.
Bisogna a questo punto ricordare però che la legge riserva a determinati soggetti, detti legittimari (coniuge, figli e ascendenti del defunto), una quota di eredità – detta legittima - della quale non possono essere privati. Chi fa testamento, quindi, può liberamente disporre solo della quota disponibile, senza intaccare la quota di legittima. La legittima varia in base agli eredi. E così: in assenza di coniuge, se c’è un solo figlio, allo stesso è riservata la metà del patrimonio e la quota disponibile sarà allora della metà, se invece vi sono più figli, a loro andranno i due terzi del patrimonio e la quota disponibile sarà di un terzo; al coniuge, in assenza di figli e ascendenti, è riservata la metà del patrimonio; in caso di presenza di figli e coniuge, nel caso di un solo figlio a coniuge e figlio è riservato un terzo del patrimonio ciascuno e la quota disponibile sarà allora di un terzo; nel caso in cui ci siano più figli, al coniuge è riservato un quarto del patrimonio, ai figli è riservata la metà del patrimonio e la quota disponibile sarà allora di un quarto; in presenza di ascendenti del defunto, senza figli e coniuge, ad essi andrà un terzo del patrimonio e la quota disponibile sarà pari a due terzi; se gli ascendenti concorrono con il coniuge, a quest’ultimo sarà riservata la metà del patrimonio, agli ascendenti un quarto a la disponibile sarà pure di un quarto. In ogni caso al coniuge, oltre alla legittima, spetterà anche il diritto di abitazione sulla casa familiare e l’uso dei mobili che la corredano. Se un legittimario viene privato, in tutto o in parte, della sua quota di legittima, esso potrà fere valere il proprio diritto con un’apposita azione giudiziaria, detta azione di riduzione, soggetta al termine di prescrizione di 10 anni dalla morte del testatore.

Pubblicato su: Il Mercatino - dicembre 2011.

Commenti