Privacy, attenti a quello che firmate


Chi non mai è entrato in angoscia, non sapendo che fare davanti alle lenzuolate di tre o quattro pagine, inviate da banche o compagnie d'assicurazione, da firmare pagina per pagina? Chi non si è mai chiesto se sono proprio necessarie? Ma, si è pensato, il formalismo non è un po’ troppo? A distanza di quindici anni dall'entrata in vigore in Italia della prima legge sulla privacy (legge 675/96), ancora oggi ci sono dubbi e perplessità sulla validità, il contenuto, la necessità o l’opportunità della firma sui moduli pieni di scritte fitte fitte sulla privacy. Eppure, la "famigerata" informativa privacy dovrebbe essere il primo, vero presidio dei nostri diritti. Attraverso l'informativa, che può essere data anche a voce, colui che riceve i dati e che si chiama "titolare del trattamento dei dati personali", deve spiegarne la finalità, cioè che cosa farà delle informazioni raccolte, e la modalità, cioè come conserverà, trasferirà, utilizzerà queste informazioni. In questo modo il cittadino sarà a conoscenza di chi entrerà in possesso delle informazioni che lo riguardano e di come li utilizzerà, potendo in alcuni casi rifiutare di dare il proprio consenso per un utilizzo che non ritiene pertinente, in relazione alle motivazioni che lo avevano spinto a rilasciare le proprie informazioni. Così, ad esempio, perché mai dobbiamo dare al titolare di una palestra i nostri dati personali per finalità statistiche, commerciali, di marketing o promozionali? È mai possibile che per fare un po' di ginnastica sia necessario dare informazioni troppo particolareggiate? Talvolta può infatti accadere che l'informativa sia errata, lasciando trasparire che dietro al trattamento di dati personali non vi sia una corretta politica di gestione ed un cattivo uso dei dati raccolti, anche sensibili. Il rischio è poi di ritrovarsi con banche dati che poco o nulla hanno a che fare con la finalità di partenza ed essere così alla mercè di spregiudicati che, entrati in possesso dei nostri dati personali, realizzino poi un guadagno, vendendo il nostro profilo a terzi o per proporci l’acquisto di beni o servizi mai richiesti.
La tutela contro le violazioni. Contro le violazioni della legge sulla tutela della privacy, per la tutela delle nostre ragioni ci si può rivolgere al giudice ordinario o al Garante della privacy, attraverso un reclamo, una segnalazione o un ricorso, facendo così aprire (o sollecitando) un'istruttoria, che può sfociare nell'adozione di provvedimenti da parte del Garante, oppure nella trasmissione degli atti alla magistratura penale, per valutare se la violazione possa integrare anche gli estremi di un reato. In pratica ogni cittadino che si senta leso in un proprio diritto alla privacy e non intenda avviare un'azione giudiziaria, può rivolgersi al Garante, seguendo tre percorsi diversi: il reclamo, la segnalazione o il ricorso. La sede del Garante è a Roma.
Il reclamo. È un metodo semplice di denuncia di violazione del codice privacy. Occorre indicare le proprie generalità, il proprio recapito e raccontare in modo circostanziato il torto lamentato.
La segnalazione. Quando non si è in grado di indicare in modo circostanziato i fatti, si può sollecitare una verifica del Garante su un illecito trattamento di dati personali.
Il ricorso. È lo strumento di tutela più "forte". A differenza del reclamo e della segnalazione, si può ricorrere innanzi al Garante solo per far valere gli specifici diritti di cui può disporre l'interessato.
Ma cosa può fare il Garante? Presentato il reclamo, la segnalazione o il ricorso, il Garante può invitare il titolare del trattamento, responsabile di aver violato le norme sulla privacy, a porre rimedio a quanto denunciato autonomamente. Se non lo fa, il Garante può indicare i correttivi necessari. Se in ogni caso il titolare non adempie, oppure se il Garante evidenzi il rischio di un grave pregiudizio per gli interessati, si passa ad interventi più incisivi, come il blocco o il divieto del trattamento. I provvedimenti sanzionatori del Garante possono essere pure pubblicati su giornali e riviste, affinché chiunque ne possa prendere conoscenza.
In alternativa a tutti questi strumenti di tutela posti in mano al Garante, il cittadino può agire direttamente dinanzi al giudice ordinario. Se però sceglie una strada per la difesa delle proprie ragioni, non può battere l’altra. Occorre quindi decidere prima se ricorrere al giudice o al Garante, mentre non è possibile procedere contemporaneamente innanzi ad entrambi. 

Pubblicato su: Il Mercatino - gennaio 2012.

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