Fuori dal 41 bis anche i boss della mafia


Eravate convinti che solo la manovalanza della mafia, i boss minori, i pesci piccoli di Cosa nostra, senza alcuna particolare pericolosità sociale furono esclusi nel 1993 dal programma del 41 bis? Sbagliato, perché oggi si scopre che non era proprio così.  
Tra i 326 detenuti mafiosi, ai quali non venne prorogato il 41 bis nel novembre 1993 dall'allora ministro della giustizia Giovanni Conso, c'erano anche boss di vertice, capimafia di primo piano, personaggi di certo pericolosi. Lo hanno scoperto gli investigatori della Dia, coordinati dai magistrati che indagano sulla cosiddetta "trattativa" tra pezzi dello Stato e la mafia, che puntava proprio all'alleggerimento del 41 bis, il carcere duro per i detenuti mafiosi.
Tra i “liberati” dal regime del 41 bis dobbiamo annoverare ben 45 erano capimafia e boss di prim’ordine, tra i quali il capo mandamento di San Mauro Castelverde, Giuseppe Farinella, il capomafia di Termini Imerese Giuseppe Gaeta, i boss di Partinico Nino Geraci e Vito Vitale, o uomini d'onore storici come Giuseppe Fidanzati e Francesco Spadaro.
Per non parlare poi di camorristi del calibro di Antonio Letizia, Domenico Belforte, Mario Ascione, Leonardo Di Martino, Salvatore Foria, o di capi storici della 'ndrangheta, come Giosuè Chindamo, Domenico Cianci, Michele Facchineri, Giovanni Ficara, Antonio Latella, Domenico Martino, Luigi Rao e Vincenzo Rositano, o ancora di boss della Sacra Corona Unita, quali Antonio Capriati, Nicola De Vitis, Michele Diomede, Renato Martorana, Antonio Scarcia.
In pratica, il fior fiore della criminalità organizzata. Tutti in regime carcerario più favorevole, per benevolenza alla mafia. 

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