Forse non erano favolosi come si
dice, gli anni Sessanta, ma il fermento c’era. L’economia cresceva, la tv
insegnava l’italiano agli italiani, le donne si mettevano numerose al volante.
Il manovale Marcovaldo, di Italo Calvino, aveva le tasche vuotema portava la
famiglia in gita al supermarket. La pillola anticoncezionale non era ancora
arrivata, per quella bisogna aspettare gli anni Settanta. La lavatrice sì, ed è
stata una rivoluzione.
Fra tutti i comfort della vita
moderna, la macchina per il bucato merita un riconoscimento speciale. Maglietta-calzino-asciugamano.
Tovagliolo-calzino- jeans. Il cestello gira e oggi nessuno perde tempo a
guardare il groviglio di panni che viene lavato e strizzato. Eppure le donne
del boom si sono sedute davanti alla prima lavabiancheria con gli occhi sgranati.
Quel getto d’acqua spinto a forza tra le fibre dei tessuti, insieme allo
sporco, si portava via anche il peso del lavoro domestico più gravoso. Era il
miracolo del progresso che si compiva tra le mura di casa. Una tappa decisiva
per l’emancipazione.
L’ultima frontiera hi-tech insegue
un «sistema di lavaggio avanzato a microgravità», capace di funzionare sulla
Stazione spaziale internazionale, come vorrebbe la Nasa. Ma è sulla Terra che
della lavatrice c’è davvero bisogno, non nello spazio. In Italia i panni
sporchi li laviamo in famiglia e questo elettrodomestico lo teniamo chiuso nel
bagno: oggi è a risparmio energetico, a carica dall’alto, così compatto e
silenzioso da non solleticare più fantasie erotiche, ma sbagliare un lavaggio è
quasi impossibile.
L’America invece è terra di
lavanderie a gettone, i locali per il bucato sono posti in cui ci si incontra e
ci si innamora, e «Laundromat» è diventato il titolo di molte canzoni.
Lo studioso svedese Hans Rosling
considera il bucato automatizzato come una soglia di sviluppo, più avanzata
dell’elettricità, meno degli aeroplani. Sotto lo spartiacque della «washing
machine» (40 dollari al giorno) vivono 5 miliardi di persone, i restanti 2
miliardi vivono al di sopra. Nel 2050 potrebbero essere rispettivamente 4 e 5
miliardi, con un consumo energetico globale quasi raddoppiato rispetto a quello
attuale, perché chi oggi cuoce col fuoco avrà l’elettricità, chi già ce l’aveva
salterà oltre la linea della lavatrice, e parte di coloro che già possiedono
questo elettrodomestico passerà allo stadio dei viaggi aerei. «Pensa se tutti
avessero la lavatrice, anche i cinesi e gli indiani», è una frase ricorrente
nei discorsi sui problemi ambientali. Ma guardando le fotografie delle donne
chine sui lavatoi, non si può che esclamare: magari! Lo pensava Miriam Mafai,
che una volta ha detto: «Non capisco perché il pensiero femminista sia
sospettoso nei confronti della tecnoscienza. A liberarci è stata la lavatrice».
È d’accordo Vittorio Marchis del Politecnico di Torino, autore di 150 anni
di invenzioni italiane (Codice, 2011) e della pièce teatrale Autopsia
di una lavatrice. «Nella società post-industriale dimentichiamo
l’importanza degli oggetti pesanti, il loro spazio culturale», sostiene lo
storico della tecnologia. La lavabiancheria è più importante di Internet,
rilancia Ha-Joon Chang della Cambridge University, autore di 23 things they
don’t tell you about capitalism (Bloomsbury Press, 2010). L’impatto del
web è limitato a una minoranza di fortunati, ma sono gli elettrodomestici che
hanno consentito alle donne di uscire di casa, raddoppiando virtualmente la
forza lavoro. Eppure tutti conoscono il nome del papà dell’iPhone, tanti sanno
indicare anche l’inventore della lampadina, della radio, del parafulmine. Ma
chi ha inventato la lavatrice?
Potrebbe essere stato Jacob
Christian Schäffern, teologo di Ratisbona, nell’anno 1767. Marchis però
preferisce ricordare Henry Sidgier e la sua gabbia cilindrica di legno a
manovella, progettata nel 1782 in Gran Bretagna. Al titolo può aspirare anche
l’americano Harrison Smith, con il suo tamburo rotante con moto alterno,
inventato nel 1859. Da questo momento in poi i progetti depositati all’Ufficio
brevetti statunitense si moltiplicano, più o meno ingegnosi, più o meno
improbabili.
Ma per decollare la lavatrice deve
diventare elettrica. Siamo arrivati al 1908 e ad Alva Fischer, la sua macchina
lava bene ma ha un difetto: l’acqua bagna i contatti. Problema risolto nel
1930, inserendo il tamburo all’interno di un contenitoremetallico. Il primomodello
automatizzato viene venduto in America dalla Bendix Corporation nel 1937, con
dieci anni di anticipo sulla General Electric. Il boom commerciale esplode in
Europa alla fine degli anni Cinquanta e nel 1967 l’Italia è diventata il
maggior produttore di lavatrici del continente. La Candy ne sforna una ogni 15
secondi, la ditta rivale imperversa nel Carosello: «Castor lavami!». Poi il
primato passa a Zoppas e infine a Zanussi. Si racconta che la moglie di De
Gaulle fece una battaglia contro l’industria di Pordenone perorando la causa
delle lavatrici francesi.
Chi negli anni Sessanta era un
ragazzino sorride ripensando a Calimero e «Ava come lava». Chi ha letto Calvino
ricorda la schiuma iridata che un giorno invade il cielo cittadino, cancellando
il fumo delle ciminiere. Le cassette della posta traboccavano di buoni acquisto
per detersivi. «Foglietti con disegni verdi rosa celeste arancione promettevano
candidi bucati a chi usava Spumador o Lavolux o Saponalba o Limpialin». I figli
di Marcovaldo ne facevano incetta, progettavano di vendere i flaconi omaggio,
si vedevano già milionari. L’affare però sfuma. Michelino, Filippetto e
Pietruccio si disfano del bottino buttando nel fiume una soffice nuvola bianca.
Che saponata. E che invenzione letteraria. Ma a pensarci bene la lavatrice un
po’ magica lo è veramente: nel cestello infiliamo biancheria e ne tiriamo fuori
tempo libero. Tempo per leggere. «Metti il detersivo, chiudi il coperchio e
rilassati», ha titolato l’8 marzo di qualche anno fa l’«Osservatore Romano»,
pubblicando un articolo che ha fatto discutere. «Carica, premi il pulsante e
scegli il tuo libro», è il consiglio riveduto e corretto della «Lettura». Vale
per tutti i giorni dell’anno, gli uomini sono inclusi.
Anna
Meldolesi
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