Intercettazioni pubblicabili


In un articolo pubblicato su Il Sole 24 ore di domenica 1 luglio, Marina Castellaneta rende nota una sentenza molto importante della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Secondo i giudici, le intercettazioni sono sempre pubblicabili sui giornali, se le notizie sono di interesse generale. 
E ora chi glielo dice ai nostri “soloni” piazzati al governo ed al parlamento, che stanno tramando per mettere il bavaglio alla stampa? Che stanno lavorando per impedire che vengano pubblicate certe "porcate" commesse da lor signori? È questa la prova evidente che l'operazione di regolamentazione della pubblicazione delle intercettazioni telefoniche sui giornali, che a partire da mister B. in avanti, sta particolarmente a cuore ai nostrei politici, è solo un becero tentativo di imbavagliare la stampa. E nient'altro.

La pubblicazione integrale delle trascrizioni di Intercettazioni telefoniche e di documenti coperti da segreto istruttorio rientra nel diritto del giornalista a pubblicare notizie di interesse generale. Con un evidente rafforzamento del diritto di cronaca e della libertà con cui i cronisti possono affrontare le indagini giudiziarie e il loro svilupparsi e la relativa tutela delle fonti di informazione.
Di conseguenza, le autorità nazionali non possono sequestrare supporti informatici e documenti del giornalista né procedere a perquisizione “massicce” e spettacolari nella redazione e nell’abitazione con il solo obiettivo di scoprire la fonte del reporter.
L’indicazione, che si inserisce in un dibattito sempre acceso in materia di intercettazioni, arriva dai giudici europei. I principi sono stati, infatti, stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza del 28 giugno (Ressiot e altri contro Francia) che contribuisce a rafforzare la tutela delle fonti dei giornalisti. Che - ha precisato Strasburgo - non è un semplice privilegio concesso al cronista, ma è un diritto indispensabile alla libertà di stampa affinché la collettività sia informata su questioni scottanti. Con precisi limiti per le autorità inquirenti che non possono intervenire con mezzi invasivi utili a scoprire Fautore di fughe di notizie. Anche perché, per la Corte, nel bilanciamento dei vari interessi in gioco, è prioritaria la tutela della libertà di stampa, essenziale in una società democratica.
Alla Corte europea si erano rivolti alcuni giornalisti francesi che su “Le Point” e “L’Equipe” avevano pubblicato notizie su un’inchiesta relativa all’uso del doping nel ciclismo. Di qui l’apertura dell’indagine: gli inquirenti volevano scoprire chi aveva trasmesso documenti ai giornalisti e avevano così ordinato la perquisizione e il sequestro di materiale cartaceo e informatico disponendo anche intercettazioni telefoniche delle utenze dei giornalisti.
Una flagrante violazione della Convenzione europea che assicura il diritto alla libertà di espressione (articolo 10). È vero - riconosceva la Corte europea dei diritti dell’uomo - che i giornalisti nell’esercizio di questo diritto, non hanno un piena e totale libertà di agire, hanno precise responsabilità e devono tener conto del diritto alla presunzione d’innocenza, ma le autorità inquirenti non possono intervenire violando il diritto dei reporter a tutelare le proprie fonti.
Poco importa se le indagini non hanno poi determinato l’individuazione delle fonti. Basta l’adozione di misure nei confronti dei giornalisti a produrre un chiaro effetto limitativo del diritto alla libertà di stampa.
La tutela delle fonti - osserva Strasburgo - non è un semplice privilegio da accordare a seconda della liceità o dell’illiceità della fonte, ma un elemento essenziale della libertà di stampa. Tanto più che le perquisizioni nel giornale erano state svolte in modo “spettacolare” incidendo sugli altri reporter presenti in redazione. In pratica, gli interventi dell’autorità giudiziaria sono stati percepiti “come una minaccia potenziale per il libero svolgimento della professione”. Di qui la condanna alla Francia, che è stata obbligata anche a pagare le spese processuali che erano state sostenute dai giornalisti (circa 45mila euro per i 5 ricorrenti).
Marina Castellaneta

Fonte: Il Sole 24 Ore, 1 luglio 2012.

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