Anatocismo, dalla Corte costituzionale arriva un aiuto ai consumatori


Avete un conto corrente e la banca vi ha addebitato sulla scopertura interessi più alti del dovuto? Avete provato a reclamare, ma l’istituto di credito vi ha risposto che il tempo per farlo era ormai scaduto? Se vi sentite messi all’angolo e non sapete più cosa fare, un aiuto arriva adesso da una recente sentenza della Corte costituzionale del 4 aprile scorso, che ha bocciato una norma del “decreto milleproroghe", che aveva tagliato i tempi per presentare ricorso alle banche contro l’anatocismo, compiendo così un atto di giustizia verso i consumatori.
La norma dichiarata incostituzionale dai giudici (l’articolo 2 comma 61 del decreto legge 225 del 2010, detto “decreto mille proroghe”), consentiva alle banche di calcolare i tempi di prescrizione decennale per fare reclamo ed ottenere il rimborso di quanto pagato in più dal compimento di ogni singola operazione sul conto corrente e non dalla chiusura del conto, in questo modo bloccando la possibilità per i clienti di ricevere il rimborso di quanto pagato in più per interessi anatocistici, contabilizzati trimestralmente. Ma cos’è l'anatocismo? L’anatocismo è l'applicazione di interessi sugli interessi già maturati in precedenza. Più semplicemente, se un capitale produce interessi in un determinato periodo di tempo (di solito tre mesi), gli interessi calcolati nel periodo successivo sono da considerare anatocistici se, oltre a essere calcolati sul capitale, sono pure conteggiati sugli interessi maturati nel periodo precedente. E questa non è una bella cosa, perché la somma da restituire al creditore si moltiplica in questo modo a dismisura. Ma c’è qualcosa in più perché, per effetto del “decreto mille proroghe”, i tempi per reclamare e chiedere il rimborso decorrevano dalla singola operazione. Così chi si accorgeva troppo tardi di essere stato “strozzato” dalla banca, non poteva fare proprio niente.
Ora, per fortuna, è intervenuta la Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittimo proprio l'articolo 2 comma 61 del “decreto milleproroghe”, per violazione dell'articolo 3 della Costituzione sul principio di uguaglianza. Secondo la Corte, in pratica, «l'efficacia retroattiva della deroga rende asimmetrico il rapporto contrattuale di conto corrente perché, retrodatando il decorso del termine di prescrizione, finisce per ridurre irragionevolmente l'arco temporale disponibile per l'esercizio dei diritti nascenti dal rapporto stesso, in particolare pregiudicando la posizione giuridica dei correntisti che, nel contesto giuridico anteriore all'entrata in vigore della norma denunziata, abbiano avviato azioni dirette a ripetere somme ai medesimi illegittimamente addebitate». Complicato? In parole povere, la norma limitava il tempo entro il quale il cliente poteva fare ricorso contro la banca, spostandolo indietro alla data della singola operazione bancaria e non al momento in cui il cliente stesso se ne è accorto o ha chiuso il conto. E poiché questa retrodatazione è da ritenersi illegittima, per violazione del principio di uguaglianza, sancito dall’articolo 3 della nostra Costituzione, i giudici hanno dichiarato «l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 61, del d.l. n. 225 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011», ripristinando così le “regole del gioco”.
Grazie a questa sentenza, adesso migliaia di consumatori usurati dalla banche e strozzati dal sistema creditizio italiano, che hanno pagato interessi su interessi, contabilizzati ogni tre mesi sulle scoperture del proprio conto corrente, avranno la possibilità di chiedere il rimborso degli interessi anatocistici pagati in più, senza timore di vedersi opporre dalla propria banca la prescrizione.
Ma come agire in concreto? Chi ha un conto corrente con scopertura o chi lo ha chiuso da non più di dieci anni, potrà adesso presentare una semplice lettera raccomandata con avviso di ricevimento, diffidando la propria banca e chiedendo il rimborso degli interessi anatocistici pagati in più sulle scoperture in conto corrente. E se la banca non dovesse rispondere o dovesse rispondere negativamente, si potrà sempre ricorrere alla magistratura per ottenere la riparazione di un torto. 

Pubblicato su: Il Mercatino - luglio 2012.

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