L’infelicità esclude l’addebito

La separazione non può essere addebitata al coniuge che, dopo molti anni di matrimonio, lascia la casa perché la convivenza è ormai divenuta intollerabile. Infatti, mettere fine all’unione coniugale diventa un diritto, quando stare nella stessa casa è ormai diventato impossibile. Lo ha deciso la Corte di cassazione, con una recente sentenza (la n. 2183 del 30 gennaio 2013). I giudici hanno così bocciato il ricorso del marito che chiedeva l’addebito della separazione a carico della moglie settantenne che aveva abbandonato il tetto coniugale dopo una vita di amarezze accanto al coniuge. In questo caso la Suprema corte non ha avuto dubbi: gettare la spugna, anche se dopo tanti anni di convivenza, costituisce un diritto garantito dalla Costituzione e dunque non può mai essere fonte per l’addebito della separazione. La giurisprudenza sottolinea da tempo come basta la semplice disaffezione spirituale di uno solo dei due coniugi per fare scattare la separazione: il matrimonio può infatti continuare solo con l’incoercibile consenso di entrambi i coniugi. 

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