Le carte di credito ricaricabili

Facile da ottenere, facili da usare, senza spese, senza pensieri, come avere sempre dietro il proprio denaro… è così che di solito le banche reclamizzano le carte ricaricabili, note anche come carte prepagate, facendo spesso intendere che ci sono solo vantaggi ad averne una in tasca e niente controindicazioni. Ma è davvero così? Vediamolo insieme.
Introdotte in Italia nel 2002, le carte ricaricabili possono essere utilizzate per fare acquisti per un importo pari a quello versato dall’utente nella carta. In pratica tu dai i soldi alla banca, che li mette nella tua carta ricaricabile; dopo tu puoi fare tutti gli acquisti che vuoi in negozio, online… e quando finisci i soldi o ne rimetti altri dentro la carta o ti fermi. Detta così sembra una bella idea, una interessante alternativa al conto corrente, almeno per chi pensa che l’apertura e la gestione di un conto siano solo fonte di problemi. Però…
Le ricaricabili sono carte di debito (come il bancomat), non offrono alcun credito da parte della banca al cliente (come invece accade con le “vere” carte di credito) e scalano in tempo reale dai soldi depositati dal cliente nella carta quelli spesi. Ne esistono diversi tipi: quelle aziendali (carte fedeltà), per l’acquisto di beni e servizi presso un’unica azienda; quelle emesse dalle banche in collaborazione con i più noti circuiti di carte (Visa, Mastercard, CartaSì, BancoPosta…), utilizzabili ovunque; le “carte conto”, sempre emesse dalla banche, ma che oltre alla possibilità di spesa offrono servizi bancari aggiuntivi. Quest’ultima tipologia, più recente e sofisticata, vorrebbe in qualche modo sostituire i conti correnti, ma non sono la stessa cosa. Perché? Innanzitutto le ricaricabili non sono coperte né dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (come tutti i conti correnti), né dal Fondo nazionale di garanzia (che garantisce gli investitori); poi non danno alcun interesse, per cui i soldi tenuti troppo a lungo su una ricaricabile vengono erosi dall’inflazione; ci sono sempre costi di emissione e di ricarica (5, 10 o anche 30 euro per la loro emissione, oltre a canoni mensili di 1 o 2 euro e costi per ogni singola ricarica di 1 euro, con punte fino a 5 euro); infine, non prevedono l’invio di estratti conto né consentono di emettere assegni o di andare “in rosso”, cioè di ottenere fidi dalla banca.
Ma non è tutto nero il “mondo” delle carte ricaricabili, perché ci sono pure i vantaggi: non sono soggette all’imposta di bollo, come i conti correnti; consentono si accedere ad un discreto numero di servizi bancari; la procedura di emissione è semplificata; la carta conto, poi, ha questo nome perché è dotata di codice Iban e consente di effettuare molte delle operazioni bancarie, tra cui la possibilità di accreditarvi stipendi o pensioni e di effettuare bonifici; in caso di furto di carta e codice segreto il massimo che un ladro può sottrarre è limitato ai soldi che sono stati caricati nella carta; il plafond, cioè il limite di caricamento è di solito di 2.500-4.500 euro, con punte di 10 mila o di più. Tuttavia, proprio per i limiti delle ricaricabili (nessun tasso d’interesse e nessuna garanzia sui depositi), caricare cifre così ingenti espone il cliente a rischi maggiori.
Quindi, riepilogando, le carte ricaricabili sono utili, interessanti, comode, ma dobbiamo sapere a cosa servono e come usarle, senza pretendere da loro quello che non possono fare.

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