Il PD che sta sospeso

Su il Post è stato pubblicato ieri un interessante articolo sullo stato del Pd, un partito - come si legge qui sotto - che è "imploso", a causa soprattutto dei suoi uomini. L'idea originaria era valida, bella, interessante. Poi è stata messa in mano a certi uomini... e questo è il risultato. Un partito che non sa più chi è, cosa fa, dove va, perché esiste... E' meglio allora che ci si sbrighi a fare i congressi nel modo più democratico possibile, per dotrarlo prestissimo di una leadership - a livello sia nazionale che locale - credibile, seria, capace e, soprattutto, moralmente ineccepibile. A quando tutto ciò? E, soprattutto, sarà possibile?  


La varietà di titoli sul “PD” su giornali e siti di news, oggi, sancisce una cosa: l’inesistenza del “PD”. Solo questo può infatti rendere fondate contemporaneamente tutte le versioni che dicono che “il PD chiede le dimissioni di Alfano”, “il PD si spacca su Alfano”, “il PD crede ad Alfano”, “il PD in rivolta contro Alfano”. E se tra queste prevale comunque il verbo “spaccare” è perché il PD è un partito “spaccato” da un pezzo. Ma trascurando le note difficoltà delle sue precedenti leadership – salvo forse la campagna elettorale veltroniana – a guadagnare estesi consensi dentro il partito, è il caso di fare una riflessione sulle condizioni del Partito Democratico ora.

C’è un segretario, uomo rispettabile e valido, che non conta niente. Tutte le volte che si parla del “PD”, non è lui il soggetto: ogni tanto dice delle cose – un po’ confuse, bisogna dirlo – ma nessuno se ne accorge o hanno delle conseguenze, nel partito come all’esterno. Ci sono altri due leader che gli rubano tutto lo spazio: Renzi con il suo iperattivismo verbale, e Letta con l’autorevolezza della sua carica passeggera.
Ci sono alcuni classici della leadership, D’Alema primo tra tutti, che i cronisti inseguono con passione inestinguibile e da cui qualche battuta per creare ulteriori agitazioni si ottiene sempre.
Ci sono dei sedicenti candidati alle primarie – Cuperlo, Civati – senza che ci siano le primarie, in condizioni da principe Carlo.
C’è Barca, anzi non c’è più neanche Barca.
E poi c’è un generale rompete-le-righe per cui non si ha nessuna idea di dove stia andando il PD, che progetti abbia sulla propria ricostruzione e sulla road map del congresso, delle primarie e di una nuova leadership: tutto il dibattito sembra essere ridotto a Renzisegretariosì o Renzisegretarionò.

Certo, c’è una corresponsabilità del sistema dell’informazione politica nelle impressioni che ricaviamo su quello che succede: se ogni giorno leggiamo solo retroscena su cosa dica Renzi a sua cognata o al suo edicolante, e alternati titoli sulla rivalità tra Letta e Renzi e sull’alleanza tra Renzi e Letta, siamo indotti a pensare che tutto si riduca a quello, nel PD: e così non è, certo. Ci sono altri esponenti politici, ci sono buone intenzioni, ci sono tentativi, da qualche parte. Ma evidentemente non molto fruttuosi.

Il Partito Democratico ha bisogno di un nuovo leader credibile, legittimato, e che possa essere quello che ricostruisce un senso in un partito che è imploso – ma imploso proprio, come quegli ecomostri che svaniscono lasciando un nuvolone di polvere per diversi minuti, dopo – e diventi chiaro che ci si riferisce a lui e a quello che ha detto, quando si dice “il PD”. Con un ampio consenso degli elettori alle primarie e fedeli complicità dentro il partito.

Tutto questo avviene fissando assemblea, congresso e voto alle primarie, con le date e le regole esistenti. Ci si mette pochissimo, ma conviene sbrigarsi: che la nuvola di polvere si sta diradando e si vede già cosa è rimasto sotto.

Fonte: il Post.

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