L’amministratore che non riscuote gli oneri condominiali rischia la revoca

L’amministratore che non riscuote gli oneri condominiali dai condomini morosi non commette un atto di cattiva gestione, se giustifica di non avere intrapreso la procedura esecutiva a causa dell’incerta solvibilità dei condomini. Lo ha chiarito la Cassazione, con una recente ordinanza dello scorso settembre. Questi i fatti. Durante una controversia intentata dai condomini per cattiva gestione contro un amministratore, quest’ultimo è riuscito a dimostrare che gli atti di precetto contro i condomini morosi sono stati effettivamente notificati. I giudici di merito hanno allora stabilito che la decisione di avviare o no una successiva fase di esecuzione forzata rientra nei poteri discrezionali dell’amministratore e ciò non integra un fatto di cattiva gestione. Tra le incombenze dell’amministratore c’è, infatti, il dovere di riscuotere i contributi necessari per la gestione del condominio e con la riforma del condominio (legge 220/2012), l’amministratore ha poi l’obbligo di agire per la riscossione forzata delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio. Ancora, sempre secondo la riforma, l’amministratore può essere revocato giudizialmente se, dopo avere promosso azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute dal condomino, abbia omesso di curare diligentemente l’azione giudiziaria e la successiva eventuale azione esecutiva coattiva. Ora, alla luce di questa recente ordinanza della Cassazione, pare che l’amministratore che ometta di eseguire azioni esecutive nei confronti dei condomini morosi, purché lo giustifichi, non rischia l’azione di mala gestio da parte degli altri condomini non morosi, ma potrebbe essere revocato giudizialmente, perché responsabile nei confronti del condominio per inadempimento.

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