L’imprenditore che paga i dipendenti e non il fisco non sempre è colpevole

Non è colpevole l’imprenditore che preferisce pagare gli stipendi ai dipendenti, piuttosto che il fisco. Lo ha deciso la Corte di cassazione (sentenza 5905 del 2014), che ha escluso la colpevolezza dell’imprenditore che aveva omesso di versare le ritenute contributive sui lavoratori dipendenti, perché non aveva le somme necessarie a farlo, preferendo piuttosto – con il poco denaro in suo possesso – pagare gli stipendi. Ecco il fatto. Un imprenditore in crisi di liquidità era stato accusato e processato per avere omesso i versamenti contributivi sugli stipendi pagati ai lavoratori. Condannato in primo e secondo grado, l’imprenditore si era sempre difeso affermando che, essendo in crisi di liquidità, doveva scegliere col poco denaro a sua disposizione tra pagare gli stipendi o pagare le ritenute previdenziali dovute per legge, preferendo la prima soluzione, non sentendosela di privare i propri collaboratori dello stipendio. In particolare la corte d’appello aveva respinto le giustificazioni dell’imprenditore, affermando che una volta pagati gli stipendi non ci si può esimere dal pagare anche i necessari oneri contributivi allo Stato. Per cui l’imprenditore andava ritenuto colpevole e condannato. Presentato ricorso per Cassazione da parte dell’imprenditore, i giudici romani davano invece ragione al ricorrente, affermando che in caso di forza maggiore correttamente provato, con onere a carico del contribuente che invoca la crisi di liquidità, di questo bisogna tenere conto nel giudizio, esonerando da responsabilità l’imprenditore.
La decisione dei giudici romani è importante, perché la crisi di liquidità colpisce sempre più gli imprenditori italiani, che spesso si trovano ad affrontare “scelte tragiche”, come quella tra pagare gli stipendi ai propri collaboratori o le tasse ed i contributi previdenziali. E tale questione non è certo nuova in Cassazione, perché altre pronunce ne hanno tenuto conto, dimostrando un’apertura dei giudici verso l’assenza del dolo in certi comportamenti omissivi, a condizione naturalmente di offrire solide prove a proprio favore, che dimostrino la buona fede e la non colpevolezza del proprio comprtamento. 

Commenti