Coppie di fatto. Quale futuro? – parte seconda

Nella prima parte abbiamo visto che è possibile ricorrere ad alcuni strumenti per tutelare il convivente “debole”. Ecco quali.
La donazione. Si può donare la piena o la nuda proprietà (riservandosi il diritto di usufrutto) della casa o di un diritto reale di godimento, mantenendo l’intestazione della nuda proprietà. Il ricorso alla donazione del diritto di usufrutto è molto utile se non si vuole che il bene - alla morte del convivente - vada ad eventuali figli di quest’ultimo. Se è intenzione del convivente beneficiare il proprio partner, ma non i suoi eredi nel caso in cui il primo muoia, si può fare ricorso alla donazione con patto di riversibilità. In questo caso il donante dispone che la casa donata torni a lui in caso di premorienza del donatario. Tra conviventi può essere opportuno anche il ricorso alla donazione rimuneratoria, fatta cioè per riconoscenza, per meriti del donatario o per speciale rimunerazione, come tale non soggetta a revocazione per ingratitudine o per sopravvenienza di figli. La donazione può essere gravata anche da un onere (esempio: la donazione fatta ad un convivente con l’onere di prestare assistenza morale e/o materiale all’altro). Si deve però ricordare che la donazione può, in presenza di particolari circostanze, venire meno per effetto dell’eventuale esercizio dell’azione di riduzione da parte degli eredi legittimari del donante lesi proprio dalla donazione.
Adempimento di un’obbligazione naturale. In questo caso il convivente che intenda beneficiare il proprio partner, trasferendogli la proprietà o la comproprietà di uno o più beni o un diritto reale, lo fa non per spirito di liberalità (come con la donazione), ma in adempimento di un dovere morale, cioè del dovere morale di condividere con il proprio compagno i rapporti affettivi e patrimoniali. Il codice civile all’articolo 2034 disciplina espressamente l’obbligazione naturale, stabilendo che quanto viene spontaneamente prestato in adempimento di essa non è ripetibile, cioè non può essere chiesto indietro. Siamo allora in presenza di un atto a titolo gratuito non qualificabile come donazione, perché non è liberalità, ma assolvimento di un obbligo morale. In quanto atto non liberale, l’obbligazione naturale non porta con sé tutte quelle problematiche che riguardano, invece, la donazione (lesione di legittima, revoca per ingratitudine o sopravvenienza di figli).
La costituzione di vincolo di destinazione (articolo 2645 ter codice civile). Si tratta di un atto diretto a destinare uno o più beni a fare fronte ai bisogni della famiglia di fatto. Il vincolo di destinazione produce il cd. effetto segregativo, con la conseguenza che i beni vincolati possono essere utilizzati solo per la realizzazione del fine stabilito, pur rimanendo di proprietà del disponente; se alienati, gli aventi causa dovranno sempre rispettare il vincolo di destinazione; se il disponente muore, gli eredi dovranno rispettare il vincolo di destinazione ed i beni vincolati possono costituire oggetto di esecuzione solo per debiti contratti per il vincolo. Il vincolo così mette al riparo gli immobili che ne sono assoggettati da eventuali azioni esecutive dei creditori. Un modo per creare questo vincolo è anche quello di istituire un trust, che consiste in un rapporto fiduciario con il quale un soggetto (disponente) trasferisce la proprietà di determinati beni a un suo fiduciario (trustee) per uno scopo determinato (il vantaggio di uno o più beneficiari). Manca nel nostro ordinamento una legge che disciplina il trust, ma il legislatore l’ha reso utilizzabile anche in Italia, avendo ratificato la Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985 relativa alla legge sui trust.
Nel contratto di convivenza le parti possono anche stabilire le regole per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di rottura dell’unione di fatto, per evitare discussioni e rivendicazioni, prevedendo – ad esempio - i criteri con cui procedere alla divisione dei beni acquistati durante la convivenza, l’obbligo - a carico del partner che ha un reddito - di corrispondere all’altro, qualora non disponga di un reddito autonomo, un contributo per un determinato periodo di tempo, cosa fare in caso di malattia, lesioni o infortuni dei partner, per evitare qualsiasi incertezza qualora venga meno la capacità di intendere e di volere e quindi per stabilire come curarsi, i rapporti con un’eventuale struttura esterna privata o pubblica (ospedale, casa di cura o di ricovero, ecc.), per i diritti di cure, visita, per le autorizzazione ai trattamenti sanitari o di altro genere. Si devono invece escludere dal contratto di convivenza, invece, tutte quelle clausole che prevedano penali a carico chi intende porre termine al rapporto di convivenza, perché contrarie all’ordine pubblico, limitando eccessivamente la libertà del contraente.

Pubblicato su: Il Mercatino - marzo 2014.

Commenti