Passare dal riscaldamento centralizzato a quello autonomo


Arriva l’autunno e già si pensa ad accendere il riscaldamento o quanto meno a preparare i nostri impianti per i giorni più freddi. Molti proprietari di immobili in condominio, avendo l’impianto di riscaldamento centralizzato, pensano allora che sia giunto il momento di passare al riscaldamento autonomo, per risparmiare o, per lo meno, per gestire liberamente calore e tempi di funzionamento, evitando litigi. Dare una risposta chiara ed univoca non è però così semplice e la scelta va valutata attentamente, per evitare di scoprire un domani di pagare di più. Partiamo però dalle regole che disciplinano la possibilità per i singoli condomini di staccarsi dall’impianto centralizzato condominiale.
Prima dell’entrata in vigore dell’articolo 26 comma 2 della legge 10 del 1991, la delibera di soppressione del servizio centralizzato di riscaldamento, con il passaggio di tutti i condomini agli impianti autonomi, richiedeva una decisione presa con la stessa maggioranza prevista per le innovazioni dall’articolo 1136 del codice civile (la maggioranza dei condomini e i due terzi del valore dell’edificio), mentre per l’eliminazione radicale dell’impianto condominiale serviva una decisione unanime di tutti i condomini. Con l’articolo 26 citato, invece, sono diventate valide le decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali, anche per la trasformazione di impianti centralizzati di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas, abbassando così il quorum per deliberare. Questa norma – lo precisiamo - riguardava però solo la trasformazione degli impianti condominiali in impianti singoli a gas. In tutti gli altri casi, quindi, si doveva applicare la vecchia maggioranza prevista dal codice civile.
Con il decreto legislativo 311 del 2006, modificato in parte nel 2009 (legge 99), per gli interventi sugli edifici e sugli impianti diretti a contenere il consumo energetico e promuovere l’utilizzazione delle fonti di energia rinnovabile, le decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali. Quindi è stato abbassato di nuovo il quorum per decidere la sorte dell’impianto di riscaldamento centralizzato e questa volta per tutti i tipi di impianto e non solo per quelli a gas, come previsto dalla legge del 1991. Bisogna però precisare che l’articolo 4 comma 9 del decreto 59 del 2009 ha disposto che in tutti gli edifici con un numero di unità abitative superiore a 4 e in ogni caso per le potenze nominali del generatore di calore dell’impianto centralizzato maggiore o uguale a 100 kW, è preferibile il mantenimento di impianti termici centralizzati laddove esistenti. Solo in caso di impedimenti tecnici, attestati da un tecnico abilitato, è possibile passare dalla caldaia unica a quelle singole.
Ecco che allora ritorna il problema iniziale: è utile e conveniente passare dall’impianto centralizzato a quelli singoli? Secondo i tecnici in linea di principio un impianto centralizzato è più efficiente di tanti impianti singoli, perché consuma meno, non crea problemi di canne fumarie e la manutenzione ed i controlli di sicurezza sono curati direttamente dal condominio, essendo responsabilità dell’amministratore far sì che tutto funzioni in ordine e secondo la legge. È però vero che i singoli impianti di riscaldamento permettono una gestione personalizzata degli stessi, evitando liti tra i condomini.

Pubblicato su: Il Mercatino - ottobre 2014.

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