Rettifica del classamento catastale degli immobili. Che fare?


Se avete ricevuto dall’Agenzia delle entrate un avviso di accertamento catastale, con cui è stato rettificato il classamento di un immobile di vostra proprietà con l’aumento della rendita catastale, potete agire a vostra tutela. Ricevuto l’atto, bisognerà presentare all’Agenzia delle entrate una istanza di riesame, che però non sospende i termini per l’impugnazione dinanzi alla commissione tributaria provinciale, che va fatta entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. Impugnando l’atto davanti alla commissione tributaria si potrà eccepire la carenza di motivazione dell’atto di rettifica, perché spesso, nonostante gli articoli 7 della legge 212 del 2000 e 3 della legge 241 del 1990 impongano la motivazione, succede che l’ufficio si limiti solo ad imporre la modifica catastale, indicando le norme di legge, senza però riportare le ragioni specifiche che hanno determinato la rettifica. Davanti la commissione, poi, si potranno pure presentare motivi per una diversa valutazione catastale dell’immobile, rispetto alla stima indicata dall’atto dell’Agenzia, invocando anche la nullità e l’illegittimità dell’accertamento catastale e contestando il modo con cui è stata effettuata la rettifica, preferibilmente con l’aiuto di una perizia giurata redatta da un tecnico (ingegnere, architetto, geometra). Si dovrà pure verificare se l’ufficio abbia effettuato la rettifica catastale dopo una verifica diretta sull’immobile o senza alcun sopralluogo. In quest’ultimo caso, si dovrà eccepire che la verifica sul luogo dove si trova l’immobile è una condizione indispensabile per il riscontro delle reali caratteristiche dell’immobile e, dunque, per la rettifica dei suoi dati catastali. In assenza di sopralluogo, potrebbe essere opportuno fare rilevare l’infondatezza e l’inesattezza delle rettifiche fatte dall’ufficio. Si potrà fare rilevare anche che l’ufficio non ha valutato attentamente gli elementi e le circostanze facilmente desumibili dall’esame delle planimetrie dell’immobile accertato (ad esempio, la reale consistenza dell’immobile e, dunque, l’effettiva rendita catastale). In sede di impugnazione dell’atto di accertamento davanti la commissione tributaria, si può presentare istanza di sospensiva, spiegando le ragioni di illegittimità dell’accertamento ed il danno grave e irreparabile che deriverebbe dall’esecutività della rettifica. In quest’ultimo caso bisognerà dimostrare che l’entità della somma che potrebbe essere richiesta a titolo di maggiori imposte a seguito della rettifica operata dall’ufficio, costringerebbe il ricorrente, in assenza di disponibilità finanziarie, ad un pesante indebitamento, comportando così danni gravi ed irreparabili alle finanze del ricorrente. A tal proposito andrà allegata all’istanza di sospensiva la dichiarazione dei redditi o altri documenti che attestino le precarie condizioni economiche del contribuente. Questo quando la rettifica è fatta d’ufficio dall’Agenzia delle entrate. E se invece vorremmo fare abbassare direttamente noi la rendita catastale, perché – ad esempio – la casa ereditata dai nonni è molto antica ed è tutta da ristrutturare? La cosa è molto più complicata, perché si suppone che le informazioni contenute nel catasto siano perfettamente allineate con la situazione reale degli immobili. Le parti hanno però l’obbligo di presentare documenti di aggiornamento, in caso di variazione della situazione degli immobili per ampliamenti, frazionamenti, fusioni, ristrutturazioni, mutamenti di destinazione d’uso ed altro ancora. L’ufficio poi dovrebbe compiere periodicamente (entro dieci anni) operazioni di revisione delle tariffe e del classamento degli immobili, per allineare la situazione catastale a quella reale. In realtà, però, la revisione del classamento degli immobili – più volte annunciata – non è stata ma effettuata, con la conseguenza che sono ancora presenti in catasto situazioni molto vecchie, fuori dalla realtà, che risalgono addirittura al 1939, con tutte le incoerenze possibili ed immaginabili… Ma il proprietario di un’immobile può chiedere di variare il classamento o abbassare la rendita catastale presentando all’Agenzia delle entrate un’istanza ai sensi dell’articolo 38 del testo unico delle imposte sui redditi, solo se per un triennio il reddito lordo effettivo dell’unità immobiliare differisce dalla rendita catastale per almeno il 50% di questa. Tale possibilità non è praticabile, perché il canone lordo difficilmente potrà essere inferiore al 50% della rendita catastale, anche per le unità degradate, in quanto le attuali rendite catastali, riferite al 1988-89, sono inferiori dal 300% al 500% e oltre rispetto agli ordinari canoni lordi. Così, se non ci sono stati interventi edilizi o cambi d’uso dell’unità immobiliare, non è giustificata la presentazione di una variazione catastale e l’eventuale richiesta di aggiornamento al ribasso della rendita sarebbe bocciata dall’Agenzia delle entrate.

Pubblicato su: Il Mercatino - novembre 2014.

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