Come cancellare i dati da Internet

Lo sapevate che Internet ha la memoria lunga, anzi lunghissima? Lo sapevate che tutto quello che carichiamo sul web (foto, scritti, video…) sono a disposizione di tutti ( e quando dico tutti, intendo proprio TUTTI) per sempre? Anche quella foto lì dove mi hanno taggato ad una festa mentre ero ubriaco fradicio? Pure quel post in cui ho parlato male del mio capo ufficio? Sì, anche – e soprattutto – quelli… Ed allora che si fa? Come posso ovviare? Sarò costretto a subire “ricatti” anche a distanza di anni? Oppure c’è un rimedio? Tranquilli, la soluzione c’è, ma la rimozione dei contenuti spiacevoli sul web non è sempre facile e sicura, perché qui c’è un conflitto tra due opposti diritti, quello dell’individuo all’oblio, cioè a dimenticare (e fare dimenticare soprattutto agli altri)  alcune cose che riguardano il suo passato e che magari non sempre sono edificanti, con quello dell’informazione a non dimenticare. Di recente è intervenuta in proposito anche la Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza del 13 maggio 2014), che ha sancito il diritto all’oblio per i cittadini, cioè il diritto a chiedere la cancellazione dai motori di ricerca dei contenuti considerati superati o spiacevoli o lesivi. Dopo la decisione Google, il principale motore di ricerca su Internet, ha così predisposto in rete un modulo (lo trovate su: support.google.com) per chiedere la cancellazione dei contenuti che riteniamo lesivi della nostra immagine sul web. Col modulo l’utente può indicare alcuni indirizzi Internet che vorrebbe eliminare e le motivazioni della sua scelta. Per conciliare però il diritto all’oblio del cittadino, con il diritto all’informazione generale, nel caso – ad esempio - in cui l’interessato abbia subito una condanna penale per un reato, la cui notizia è finita sul web, e dopo alcuni anni vorrebbe cancellare tutto, ad essere eliminata non sarà la notizia, ma solo i collegamenti tra essa ed il nome del soggetto. In ogni caso bisogna dire che questa cancellazione non è automatica, perché sarà sempre il motore di ricerca a decidere, sulla base delle giustificazioni dell’interessato, se procedere o meno alla modifica dei dati sul web, per il prevalente diritto all’informazione. Comunque, in caso di risposta negativa alla richiesta di cancellazione dei dati da Internet, l’utente che si sente leso può sempre rivolgersi al Garante per la tutela della privacy o al giudice competente, che potranno ordinare alla società che gestisce il motore di ricerca la rimozione totale o parziale dei dati da Internet. In ogni caso, fiutato l’affare, sul web sono già spuntati tutta una serie di siti ed agenzie che si occupano – a loro dire – di “pulire” la reputazione dei navigatori in rete, perché la bravata compiuta in gita scolastica a 16 anni e documentata da un video postato dai compagni di scuola, mentre può essere pubblicata e diffusa con orgoglio da un adolescente, potrà sicuramente risultare imbarazzante quando lo stesso alcuni anni dopo sarà un affermato professionista, un integerrimo poliziotto o magari un politico in carriera, magari difensore dei sacri principi Dio-patria-famiglia… Così basta rivolgersi a questi “professionisti della pulizia”, perché tutto ritorni “lindo e pinto”. Nei casi più gravi questi siti suggeriscono anche il “suicidio digitale”, cioè tutta una serie di azioni perché spariscano dal web e dai motori di ricerca le tracce informatiche di quel determinato soggetto. Come? Il primo passo è cancellare i propri account dai social network; poi si chiude il proprio sito personale (se lo si possiede) e tutti i riferimenti personali dagli aggregatori Internet, che uniscono nomi a numeri di telefono e indirizzi mail, incrociando le varie fonti ed i diversi dati tra loro; successivamente si passa a chiudere ogni account email. Insomma, se prima eravamo convinti che la foto “strana” messa su Facebook o il post razzista postato su Twitter lo avessero letto solo in famiglia, adesso dobbiamo ricrederci ed agire di conseguenza, stando attenti a ciò che carichiamo sul web, perché un giorno potremmo pentircene.

Pubblicato su: Il mercatino - settembre 2015. 

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