Canoni di locazione non riscossi e fisco

Il vostro inquilino non paga, ma voi dovete sempre pagare le imposte sui redditi (i canoni di locazione) non percepiti. Sembra strano, ma è così. Capiamoci meglio. Avete dato in locazione un immobile (casa, negozio, ufficio…), ma l’inquilino non vi paga il canone. Pensate di non dovere nemmeno pagare le tasse? Errore. Dovete, eccome… Sembra assurdo, ma è così; da qui il moltiplicarsi dei contenziosi tra l’erario ed i proprietari di immobili. Ed allora facciamo un po’ di chiarezza.
Immobili abitativi. Qui l’articolo 36 del testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) prevede che il proprietario non deve pagare le imposte sui canoni non riscossi, a condizione dell’accertamento giudiziale della morosità. Così se il procedimento di convalida di sfratto si è concluso prima della scadenza del termine di trasmissione della dichiarazione dei redditi, tutti i canoni non riscossi non devono essere dichiarati e non formeranno reddito per il locatore. Se, invece, la conclusione della procedura giudiziale di sfratto si perfeziona successivamente al termine della dichiarazione dei redditi, i canoni risultanti dal contratto devono essere dichiarati, ma se il giudice confermi la morosità dell’affittuario anche per i periodi di imposta precedenti, viene riconosciuto un credito d’imposta di importo pari all’Irpef e addizionali o cedolare secca dovute sui canoni di locazione non riscossi.
Immobili non abitativi (uffici, negozi…). Qui manca una norma simile a quella prevista dal Tuir per gli immobili abitativi. E così con una circolare dello scorso mese di luglio l’Agenzia delle entrate ha precisato che anche per queste locazioni il contribuente che dimostra di non avere incassato gli affitti ha diritto a non dichiarare alcun reddito e non pagare imposte, ad alcune condizioni.
Sfratto per morosità. Qui i contribuenti devono produrre copia del provvedimento giudiziale di convalida di sfratto per morosità. A partire da tale data, allora, si può considerare risolto il contratto di locazione a uso commerciale e, quindi, escludere dalla tassazione per i canoni di locazione non percepiti.
Inadempimento accertato. Nei contratti di locazione è frequente la presenza di una clausola risolutiva espressa, con la quale i contraenti stabiliscono che il contratto si risolve di diritto se il conduttore non paga il canone. Qui il giudice può accertare l’inadempimento del conduttore e la conseguente risoluzione del contratto ed allora viene meno l’obbligo di dichiarare i canoni di locazione dalla data precedente a quella del provvedimento di convalida di sfratto, in quanto fa fede il provvedimento o la pronuncia emessa nell’eventuale separato giudizio, che accerta l’avvenuta risoluzione del contratto per effetto dell’inadempimento.
Risoluzione con data certa. È anche possibile eccepire la risoluzione del contratto, per effetto di una clausola risolutiva espressa contenuta del contratto di locazione, senza ricorrere al giudice, se il locatore produce la documentazione dalla quale risulta che si è avvalso della clausola. È allora valida l’esibizione della raccomandata con avviso di ricevimento, in cui il locatore contesta al conduttore l’inadempimento e comunica di avvalersi della clausola risolutiva. In più il locatore deve anche dimostrare che l’immobile è stato effettivamente rilasciato e non è più occupato dal conduttore. Qui l’obbligo di dichiarare il canone di locazione viene meno dalla data del verbale di rilascio.

Pubblicato su: Il Mercatino - ottobre 2015.


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