Lo stalking? Può accadere anche in condominio

Condanna anche per chi “tormenta” il vicino di casa, rendendosi insopportabile. Lo sappiamo, le liti, anche violente, le ripicche, il disturbo continuo, i dispetti, le azioni “di principio” sono frequenti anche in condominio. Ma attenzione, perché se siamo di quelli che non si tirano mai indietro davanti alla possibilità di litigare in condominio, ricordiamo che i nostri atti, se continui, ripetuti, assillanti possono qualificarsi come persecutori, cioè stalking e quindi perseguibili anche penalmente dall’articolo 612 bis del codice penale e puniti con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Se si tratta, invece, di semplici molestie, la pena è più mite (arresto fino a sei mesi o ammenda fino a 516 euro), anche se siamo sempre in campo penale. E tutto questo ce lo ha ricordato anche la Corte di cassazione, con una recente sentenza (la n. 26878/2016), che ha confermato la condanna per stalking di un condomino che aveva portato all’esasperazione il vicino di casa, causando in lui un grave stato di ansia e costringendolo ad assentarsi dal lavoro e sottoporsi anche a terapie mediche. Ma non c’è solo la Corte suprema ad interessarsi di questi casi di “persecuzione condominiale”, perché sono diverse le sentenze dei tribunali italiani in materia, tutte però conformi nel punire i vicini litigiosi, quando superano i “normali” rapporti di vicinato, fatti anche di tensioni, ma sempre nel limite del codice penale. Quello che qui interessa, al di là dei singoli casi, è capire quando si realizzi il comportamento di “stalking in condominio”, così da individuarlo, prevenirlo (se possibile) e soprattutto bloccarlo, anche rivolgendoci alle forze dell’ordine con una denuncia contro il vicino oppressivo. Secondo la maggioranza dei giudici, il delitto di stalking, cioè di atti persecutori, previsto e punito dall’articolo 612 bis del codice penale, si realizza quando il comportamento molesto abbia causato un grave e perdurante stato di turbamento o abbia creato nella vittima timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona cara, sino a costringerla a cambiare le proprie abitudini di vita. In questi casi la vittima che denuncia il comportamento persecutorio posto in essere dal vicino è sempre credibile, escludendo intenti calunniatori o contrasti economici nella sua denuncia e valorizzando il fatto che le sue querele siano nate da una vera esasperazione, derivante dalle condotte dello stalker. Così occorre proprio che il comportamento del vicino sia davvero assillante, “pesante”, persecutorio e non semplicemente molesto, nei limiti della tollerabilità che dobbiamo avere nei rapporti tra vicini. Tanto per fare un esempio, il semplice fatto di scrollare le briciole della tovaglia sul balcone del vicino del piano di sotto è solo maleducazione, ma potrebbe presto diventare un atto persecutorio se ripetuto per lungo tempo, nonostante i richiami, se oltre alle briciole finisca sul balcone di sotto anche molto altro, se unito ad altri episodi di persecuzioni e ripicche, che hanno determinato ansia e turbamento nel vicino-vittima. In caso contrario saranno solo episodi di molestie, anche se penalmente rilevanti. Saranno comunque sempre le forze dell’ordine e poi il giudice, a cui si possono rivolgere le vittime dei vicini persecutori, a valutare il “peso” di questi episodi, classificandoli come maleducazione, semplici molestie o stalking, agendo di conseguenza ed arrivando pure ad imporre l’allontanamento dello stalker dal condominio.

Pubblicato su Il Mercatino - gennaio 2017.

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