Fino a quando il figlio può vivere a casa dei genitori?

Fino a quando il figlio maggiorenne può continuare a vivere con i genitori? E se ha già un lavoro ed un’autonomia economica? E se già lavorava ma poi ha perso il posto, può costringere i genitori ad accoglierlo di nuovo in casa e tornare a farsi “campare” come un adolescente? Sono tutte domande che come genitori ci facciamo sempre più spesso, soprattutto quando i figli rimangono in casa fino a tarda età, approfittando di un servizio tipo “grand hotel”, spesso senza fare o dare nulla in cambio al nucleo familiare. Ed allora? Andiamo un po’ per gradi per capirci meglio.   
Il mantenimento dei figli. I genitori hanno l’obbligo di “mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni”, secondo la formula usata dall’articolo 147 del codice civile, letto a voce alta dal prete o dall’ufficiale di stato civile al momento della celebrazione del matrimonio. E questo obbligo di “mantenere, istruire, educare e assistere” rimane anche quando il figlio, divenuto ormai maggiorenne, non sia ancora diventato indipendente dal punto di vista economico, perché studia o è in cerca di un lavoro oppure ha un impiego non sufficientemente retribuito che gli possa dare una certa autonomia. Ciò significa anche che, fino a quando il giovane non sia riuscito ad avere un proprio reddito sufficiente, ha diritto di rimanere in casa dei genitori ed essere mantenuto dagli stessi, obbligo a cui i genitori non possono sottrarsi neppure in caso di dissidi e conflitti col figlio. Ma cosa succede se il figlio “evita” di raggiungere l’autonomia economica o, una volta ottenuto un lavoro ed andato via di casa, dovesse successivamente perdere l’impiego, non riuscendo più a mantenere la casa? I genitori devono lasciare in casa il figlio opportunista? Devono accogliere e mantenere di nuovo in casa il figlio “sfortunato”? Prima di dare una risposta, dobbiamo sapere che l’obbligo per i genitori di mantenere i figli decade non solo quando il figlio è diventato maggiorenne ed ha pure raggiunto l’autosufficienza economica tale da farsi una famiglia o acquistare o prendere in affitto una casa per sé, ma anche quando questi ha la possibilità di provvedere a sé stesso, ma per pigrizia o indolenza non fa nulla per raggiungere la sua autonomia economica, il che, secondo i giudici, scatta a partire dai trent’anni. Per capirci meglio: il dovere dei genitori di mantenere il figlio può essere graficamente rappresentato come una piramide, che si assottiglia sempre più in punta mano a mano che il “pargoletto” diventa grande e (si presume) più autonomo anche economicamente. Raggiunta tale autonomia o l’età sufficiente perché possa provvedere ai suoi bisogni in modo autonomo, il figlio perde il suo diritto al mantenimento da parte dei genitori ed anche la possibilità di continuare a vivere con loro, per cui questi possono pure decidere di sbattere fuori di casa il “bamboccione”.
Quando il figlio perde il lavoro. Il figlio, già occupato ed autonomo economicamente, che è andato via di casa, se perde il lavoro per fatti sopravvenuti a lui non attribuibili (licenziamento, dimissioni, ecc.), non può più ritornare nella casa di origine. Infatti, il raggiungimento della sua indipendenza economica ha spezzato definitivamente il legame con il padre e la madre, senza più la possibilità di farlo rivivere successivamente, neanche in caso di sopraggiunta difficoltà economica o di disoccupazione . Così, se il figlio dovesse cadere in stato di bisogno, può solo chiedere gli alimenti ai genitori, ma non anche di ritornare sotto il tetto familiare.
Quando il figlio continua ad abitare in casa dei genitori. E quando il figlio maggiorenne ed autonomo economicamente e quindi in grado di provvedere a sé stesso, ma continua a vivere in casa dei genitori, che succede? In questo caso i giudici hanno stabilito che tra genitori e figlio si crea un tacito contratto di comodato, cioè un accordo non scritto con il quale i genitori concedono al figlio il diritto di usare la casa familiare gratuitamente, con la possibilità per i genitori di fare cessare in qualunque momento questo rapporto di comodato, cacciando di casa il figlio che continua a vivere a scrocco con i familiari, anche se già in grado di “volare da solo”.

Pubblicato su: Il Mercatino - agosto 2018.

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