Posso restituire un bene comprato a prezzo alto?

Posso chiedere di riavere indietro i soldi se mi accorgo che lo stesso bene è venduto ad un prezzo più basso in un altro negozio? Accade di frequente: compro un’aspirapolvere, un divano o una tivvù, allettato dal prezzo superscontato, dal modello, dalle rate piccole piccole e poi scopro che il negozio lì di fronte vende lo stesso televisore, il medesimo divano o l’aspirapolvere uguale ad un prezzo più basso, anche di molto. Non ti senti preso in giro? Non ti senti come un pollo già spennato da rapaci commercianti? Ed allora, ancora con la rabbia in corpo, ritorni in negozio e pretendi di avere indietro i soldi o almeno un ulteriore sconto. È possibile? Il commerciante deve accontentarti? Vediamo. 
Prima di rispondere occorre distinguere tra acquisti fatti in negozio e compravendita a distanza, anche su Internet. Infatti, chi ha acquistato la tivvù o il divano su Amazon, sul sito della grande catena commerciale o su catalogo ha diritto al ripensamento ed a restituire la merce entro 14 giorni dalla consegna, ricevendo il rimborso di quanto pagato. Invece tutto questo non è possibile se ha comprato lo stesso bene in negozio. Perché? Quello che sembra un sopruso in realtà è perfettamente logico e legale: i prezzi sono liberi e quindi ogni commerciante può stabilirli liberamente; il “diritto di recesso”, cioè il diritto a restituire il bene acquistato in cambio dei soldi, si applica solo alle “vendite a distanza”. Se vai a fare spese in centro, entri in negozio e spinto dall’entusiasmo acquisti un tostapane, ma poi ti accorgi che il commerciante lì vicino vende lo stesso bene a meno, non puoi contestare nulla a chi te lo ha venduto. Sei stato tu, infatti, a recarti in quel punto vendita, a scegliere tra i tanti prodotti proprio quello, a vederlo, provarlo, discuterne con il commesso, valutarne il prezzo e poi decidere di acquistarlo. Invece se vai su Internet e scegli un prodotto, lo metti nel carrello virtuale, ordini e paghi online o direttamente al corriere e dopo averlo ricevuto ti accorgi che non ti piace più o non è come te lo aspettavi o per qualsiasi altra ragione, lo puoi restituire entro 14 giorni. È quello che la legge chiama “diritto di recesso”, che consente di restituire il bene acquistato “fuori dai locali commerciali”, cioè fuori da negozi o stand fieristici e quindi a casa propria, su Internet, in televisione, su cataloghi, ecc. Ed allora, per restituire un oggetto acquistato in negozio bisogna trovare una giustificazione più plausibile, rispetto al “non mi piace più” o “il negozio qui accanto lo vende a meno”, come, ad esempio, il fatto che il venditore abbia mentito sulle reali qualità dell’oggetto e queste non erano facilmente visibili al momento dell’acquisto. Si pensi alla borsa venduta come “di vera pelle”, che poi risulta invece di tessuto sintetico. È il cosiddetto “dolo contrattuale”, cioè un inganno o raggiro che vizia la libera scelta del consumatore durante l’acquisto, per cui senza questo raggiro non avrebbe acquistato o avrebbe sì acquistato ma a condizioni diverse. In questo caso si può chiedere di restituire il bene “viziato” e di riavere indietro i soldi. Lo stesso accade quando l’oggetto risulta rotto, guasto, non correttamente funzionante o presenti dei difetti non evidenti all’atto dell’acquisto (si pensi ad una tivvù acquistata e portata a casa dentro la scatola che, dopo aperta, risulta rotta). Poiché il venditore è tenuto a garantire l’oggetto per due anni, in tutti questi casi l’acquirente può chiedere al negoziante o la riparazione dell’oggetto rotto o la sua sostituzione con un altro dello stesso tipo. Solo se ciò non fosse possibile, il consumatore potrà chiedere – anche in questo caso a sua insindacabile scelta – o la restituzione del prezzo pagato oppure uno sconto in relazione al valore diminuito dell’oggetto. Se il commerciante non accetta tutto questo, al consumatore non resta altro da fare che contestare il comportamento del venditore e pretendere la garanzia, inviando una raccomandata con ricevuta di ritorno o una Pec entro 60 giorni dalla scoperta del vizio, sottolineando il problema e chiedendo l’operatività della garanzia. Se neppure in questo caso il commerciante “fa il suo dovere”, non rimane altro da fare che rivolgersi ad un avvocato per iniziare una causa civile. Ma questa è un’altra storia. 

Pubblicato su: Il Mercatino - aprile 2019.

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