Devo pagare i debiti del parente defunto?

Come erede devo necessariamente pagare i debiti del parente defunto? E come posso fare per evitarlo? Se rinuncio all’eredità, posso avere solo vantaggi? Quando muore un parente prossimo, il coniuge, il genitore, il figlio, superato il momento tragico, bisogna affrontare la realtà, che è fatta anche dei beni, dei debiti e dei crediti lasciati dal morto. E se ci può fare piacere che il defunto ci abbia ricordato, lasciandoci una casa, magari in un posto particolarmente ricercato, una bella sommetta di denaro depositata in banca o uno scrigno colmo di gioielli, possiamo essere preoccupati dell’eventualità di dovere pagare i debiti del defunto, magari finora sconosciuti. Tasse e multe non pagate, cartelle esattoriali che arrivano proprio dopo la morte del titolare, un fido bancario che deve essere coperto subito, debiti vari verso terze persone mai pagati… Che fare? Devo pagare tutto, anche se il valore dei beni e dei soldi che mi ha lasciato il parente morto sono insufficienti? Devo saldare tutti i debiti di papà o ignorarli, tanto lui è morto e chi s’è visto s’è visto? Andiamo con ordine. Quando qualcuno muore, si apre la sua successione, cioè una procedura per consentire il passaggio di tutti i suoi beni, i crediti ed i debiti agli eredi. Di solito essi sono i parenti più prossimi (il coniuge, i figli, i genitori), detti legittimari, che teoricamente diventano eredi, subentrando nella stessa posizione del defunto, detto de cuius, purché accettino l’eredità entro il termine di dieci anni dalla sua morte. Durante questo lasso di tempo i parenti del de cuius non sono ancora eredi, perché non hanno accettato l’eredità, ma hanno il diritto di gestire i beni lasciati dal morto, senza per ciò stesso diventare eredi. La dichiarazione di successione, che va fatta entro un anno dalla morte, è cosa diversa dall’accettazione dell’eredità, poiché è determinante solo ai fini fiscali e no comporta l’accettazione dell’eredità. Accettare l’eredità del parente defunto comporta che i due patrimoni (quello del morto e quello dell’erede) si uniscono, si confondono e necessariamente l’erede dovrà accollarsi tutto ciò che apparteneva al morto (beni, debiti, crediti, ecc.). Per evitare ciò, per evitare tale “confusione” tra i due patrimoni, per evitare problemi il modo più semplice è allora quello di rinunciare all’eredità. La rinuncia si fa con una dichiarazione presso un notaio o la cancelleria del tribunale del luogo di morte del defunto; in questo modo si formalizza la scelta di rinunciare all’eredità, rinuncia che è sempre totale e mai parziale o condizionata (non posso scegliere di rinunciare solo ai debiti di mamma, ma non anche a quella bella villa sul lago che mi piace tanto…). Solo in questo modo, solo cioè con la rinuncia all’eredità (che va fatta entro dieci anni dalla morte del parente) si potrà evitare la “confusione” dei due patrimoni (quello del de cuius e quello del parente) e quindi anche l’accollo dei debiti del morto. Un’altra cosa. Se il defunto è il coniuge o il genitore, all’altro coniuge o ai figli spetta anche la pensione di reversibilità, cioè una quota ridotta della pensione che sarebbe spettata al morto. Per ottenerla occorre però presentare un’apposita istanza all’Inps o al patronato. La pensione di reversibilità spetta anche se l’erede ha deciso di rinunciare all’eredità del coniuge o del padre per non avere problemi coi suoi creditori, perché la pensione di reversibilità è personale, intrasmissibile, previdenziale ed alimentare e non ha alcun legame con la successione ereditaria. Attenzione però, bisogna evitare di chiedere anche il pagamento degli arretrati, perché in questo caso si chiederebbe qualcosa che fa parte già dell’eredità del coniuge o del genitore morto e questa semplice richiesta degli arretrati verrebbe interpretata dai creditori come un’accettazione tacita dell’eredità o una revoca implicita della rinuncia, che farebbe scattare l’obbligo per i creditori del morto di chiedere il dovuto.

Pubblicato su: Il Mercatino - agosto 2019.

Commenti