1892/2012, 120 anni di Partito socialista italiano


Quest’anno si celebra il 120° anniversario della nascita del Psi – Partito socialista italiano, il partito più antico dell’agone politico nazionale. Proprio nell’agosto del 1892 a Genova si sono riunite le varie anime progressiste, riformiste, massimaliste, socialiste, laburiste, i fasci siciliani… per fondare il primo partito italiano, il partito dei lavoratori. Nel corso della sua lunga e gloriosa storia, il Psi ha visto alti e bassi, vicende fulgide ed episodi squallidi. È stato il secondo partito nel dopoguerra, ma poi per anni non ha avuto alcun rappresentante in parlamento, soprattutto dopo la debacle seguita a Tangentopoli ed alla fine della “prima Repubblica”. Oggi vogliamo ricordarne la sua storia e lo facciamo con un articolo di Giuseppe Tamburrano, storico e socialista, dal titolo “Un sole che non tramonta”, pubblicato sull’Avanti! della Domenica n. 16/17 del 29 aprile 2012.       

L’area socialista e di sinistra si appresta a celebrare il 120° anniversario della nascita del PSI con molteplici iniziative e manifestazioni.
è un dovere verso il paese ricordare l’avvenimento che ha dato vita al più importante partito nella storia d’Italia. Il PSI ha concorso in modo determinante a realizzare il celebre detto di D’Azeglio: “Fatta l’Italia, ora bisogna fare gli italiani”. E gli italiani in grandissima parte ostili o indifferenti verso la “conquista regia” del paese, grazie alle lotte e alle iniziative socialiste si riconobbero cittadini di una comune patria. Basterebbe ricordare la lotta socialista per l’allargamento del suffragio universale che fece entrare nello Stato operai, contadini, donne e trasformò un regime oligarchico in una comunità democratica.
Ma i “titoli” sono numerosi: con le leghe, le cooperative, i sindacati, i circoli, le sezioni, con l’Avanti!, gli opuscoli, i maestri socialisti , le scuole, le cattedre ambulanti, formarono cittadini  che impararono a leggere e scrivere ed acquistarono coscienza dei loro diritti. Non fu facile: i socialisti pagarono un grande tributo di agitazioni, morti, feriti, processi, carcere che rafforzarono la consapevolezza di operai e contadini di essere parte di uno stato e di una collettività. I socialisti promossero lotte sociali per il pane, il lavoro, la giusta mercede, l’assicurazione contro gli infortuni e la pensione: le lotte per la festa del lavoro e per le otto ore lavorative furono pagine gloriose di questa ascesa. E sempre più numerosi i socialisti entrarono in Parlamento e sempre più numerose furono le bandiere rosse che sventolavano su palazzi del comune e della provincia.
In una parola, i socialisti contribuirono in modo determinante a fare di servi apolidi cittadini coscienti. Prampolini predicava l’uguaglianza ed esortava i contadini a parlare con il padrone col cappello in testa , se il padrone conservava in testa il suo.
Le “svolte”, i periodi più importanti della storia italiana – il “giolittismo”, la repubblica, il centro-sinistra – furono possibili grazie ai socialisti di Turati e di Nenni.
Ma la forza socialista è stata minata e indebolita da un “male oscuro”: lo scissionismo. Pur con diverso nome vi sono state nel partito sostanzialmente due correnti, i riformisti e i massimalisti, che miravano allo stesso fine – il socialismo – ma da realizzare con mezzi diversi, la democrazia o la rivoluzione. E le lotte intestine paralizzarono il partito portandolo alla divisione.
Primo partito alle elezioni del 1919, i socialisti potevano conquistare il governo se l’anticlericalismo del PSI e l’antisocialismo del PPI non li avessero paralizzati. Una parte del PSI lascia il partito per dare vita all’illusione rivoluzionaria comunista: al congresso di Livorno (gennaio 1921) il PSI si spaccò e nacque il Pcd’I. Ma invece della rivoluzione proletaria, quella scissione favorì l’ascesa del fascismo. Come se non bastasse, a quella divisione seguì la scissione riformista di Turati e di Matteotti, che indebolì ulteriormente il fronte proletario. Ma per Matteotti è doveroso ricordare che egli aveva compreso la natura totalitaria del fascismo e si offrì in olocausto per aprire gli occhi ai compagni e ai democratici, primo caduto della lotta antifascista.
IL PSI fu nella Resistenza e nella Liberazione. Ricordiamo la figura leggendaria del compagno Sandro.
Subito dopo ripresero le lotte intestine tra filo e anticomunisti. E il PSI, uscito secondo dalle urne il 2 giugno 1946 (avanti di due punti al PCI), era chiamato ad avere una grande funzione democratica, essere l’ago della bilancia nell’aspra lotta politica tra comunisti e democristiani. E invece filocomunisti e anticomunisti si divisero a  Roma nel gennaio 1947 e divennero alleati subalterni uno della DC e l’altro del PCI.
Nel 1956 il PSI si riscattò dalla sudditanza al PCI e riprese il suo cammino autonomo. E contribuì a dare vita all’alleanza con i cattolici democratici di Fanfani e Moro e al centro-sinistra.
Dopo una stagione altamente costruttiva, il centro-sinistra si appannò, presero radici il clientelismo e il ministerialismo. E io leggevo con tristezza il motto di Pertini che campeggiava nella mia sezione, la sezione Centro di Roma: “I socialisti servono, non si servono del partito”.
Il partito ha avuto il suo presidente, l’amato Sandro, ed ha conosciuto l’importante stagione di Craxi che ha dato prova di saper governare e contribuire a fare dell’Italia un paese moderno.
Questo in poche parole è stato il nostro lungo cammino che ricorderemo a 120 anni dall’inizio. Voglio concludere con una domanda: sarà una celebrazione retorica senza progetti per il futuro del socialismo che la crisi del capitalismo richiama all’impegno con formule nuove? Sarà cioè una commemorazione retorica con un grande omaggio al “caro estinto”, o una celebrazione che aprirà nuovi orizzonti, “nuove vie”? Perché – ne sono fortemente convinto e i fatti mi danno ragione – vi è un avvenire per il nostro sole. Se lo vogliamo!
Giuseppe Tamburrano

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