La distanza fra la politica delle parole
e i fatti della vita Stefano Fassina l'ha misurata col centimetro sulla sua
pelle nell'arco di tre giorni. Il giorno 8, sabato, era al tavolo dei relatori
del magnifico auditorium Loris Malaguzzi di Reggio Emilia a spiegare ad una
platea di trenta-quaratenni che Bersani farà meglio di Monti, platea del resto
a priori convintissima, perché non si fanno riforme senza consenso e se c'è un
posto dove il Pd deve stare è quello di chi lavora: Carbosulcis, Mirafiori,
Almaviva. Avanti, a sinistra. Il giorno 10, lunedì, era appunto lì, tra i
lavoratori dell'Alcoa in protesta, edè lì che è stato contesato: una spinta, vattene, andatevene, non sappiamo che
farcene delle vostre promesse, ci avete abbandonati ora è tardi.
Questo è l’attacco del reportage Primarie Pd e lo scontro generazionale le 4
correnti dei giovani divisi su Renzi, a firma di Concita De Gregorio e
pubblicato giorno 12 sul sito de la Repubblica. Si parla di distanza, di posto
dove il Pd deve stare, di andare avanti, a sinistra… Ed è proprio questo il
punto: il Pd da tempo ha perso la sua bussola, la direzione dove andare, le
persone a cui parlare, i temi che deve affrontare, le battaglie che deve
combattere; si è arroccato su posizioni che un tempo si sarebbero dette “borghesi”;
ha perso il contatto con la sua base – se mai ancora ce l’ha, una base; non
riesce più a dire cose di sinistra, mentre dal canto suo la sua ex base ha pure
votato per Berlusconi, abbagliato dai nani e dalle ballerine, dai lustrini e dalle
paillettes del nano di Arcore. E ora ci si chiede perché mai i lavoratori che
rischiano il posto cacciano via i tromboni del Pd, i politicanti di mestiere
democratici, che li hanno ormai abbandonati da tempo al loro destino, in nome
del dio denaro, del potere, del mercato, di una svolta sempre più a destra. E ora,
in vista delle elezioni todos caballeros
cosa vogliono? Di che si meravigliano? Perché si stupiscono che i loro elettori
rischiano di andare ad ingrossare il già pingue bacino degli astensionisti o il
fiume in piena della protesta grillina? Bisognava pensarci prima, ormai è troppo
tardi. Ed ora temono le spallate di Renzi, di Civati e di altri, che dicono che il re è nudo
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