Come funziona il licenziamento?


Tra le varie misure di contorno adottate dal Governo nazionale per fronteggiare gli effetti negativi della pandemia da Covid-19 sulla struttura economica e sociale italiana, ci sono anche quelle che “congelano” i licenziamenti in atto o possibili dei lavoratori dipendenti privati, per dare loro una tutela maggiore in un periodo di grave crisi come quello in corso. Ma come funziona il licenziamento dei lavoratori dipendenti privati in Italia? La legge tutela in modo particolare il lavoratore contro possibili licenziamenti illegittimi, cioè comunicati al di fuori dei casi espressamente previsti.  

Il licenziamento. È il provvedimento con cui il datore di lavoro comunica per iscritto (è assolutamente vietato il licenziamento orale, che è nullo) al lavoratore dipendente di volere cessare il rapporto di lavoro. Per evitare però licenziamenti arbitrari, cioè capricciosi dei lavoratori, il licenziamento può essere adottato solo in presenza di valide ragioni, cioè solo per giusta causa o per giustificato motivo. 

Licenziamento per giusta causa. Può avvenire solo per un gravissimo inadempimento del lavoratore che non consente più di proseguire il rapporto di lavoro (furto di merce aziendale, danni causati all’azienda, gravissima insubordinazione verso il datore di lavoro o i superiori, ecc.).

Licenziamento per giustificato motivo. Questo può essere soggettivo, in presenza cioè di un inadempimento del lavoratore non così grave da essere motivo di licenziamento per giusta causa, oppure oggettivo, quando il licenziamento non dipende da un comportamento del lavoratore, ma da motivi tecnici, organizzativi o produttivi dell’azienda (esempio, quando l’azienda chiude).

La motivazione del licenziamento. Nella lettera di licenziamento, che il datore di lavoro deve sempre inviare a pena di nullità al lavoratore, occorre indicare il motivo del licenziamento. Nel caso di licenziamento per giustificato motivo va pure segnalata la data dalla quale il licenziamento sarà efficace, perché in questo caso il licenziamento potrà operare solo dopo un periodo di preavviso previsto nei contratti di lavoro. Se però il datore di lavoro non vuole attendere la scadenza del periodo di preavviso, dovrà pagare al lavoratore un’indennità sostitutiva, pari alla retribuzione che il dipendente avrebbe percepito durante il preavviso. Il licenziamento per giusta causa, invece, è immediato e non richiede il rispetto del termine di preavviso, ecco perché è anche detto “in tronco”. 

Tutele offerte al lavoratore licenziato. Il lavoratore licenziato può difendersi da un licenziamento illegittimo, cioè discriminatorio, nullo, senza giusta causa o giustificato motivo, impugnandolo. Per impugnare il licenziamento egli deve prima inviare al datore di lavoro (entro 60 giorni da quando ha ricevuto la lettera di licenziamento) una lettera con cui contesta il licenziamento, tentando così di raggiungere un accordo con il datore di lavoro. Se non si dovesse giungere all’accordo, il lavoratore dovrà allora rivolgersi al giudice del lavoro, depositando un ricorso contro il licenziamento presso la cancelleria del giudice competente entro 180 giorni dalla data in cui è stata spedita la lettera di contestazione del licenziamento. Nel primo caso è preferibile che il lavoratore si rivolga ad un avvocato che lo consigli per il meglio, nel secondo caso il ricorso al legale è sempre obbligatorio. Il giudice del lavoro, all’esito della causa, potrà confermare o annullare il licenziamento, ordinando la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e condannando il datore di lavoro a pagare al dipendente le retribuzioni dovutegli dal giorno del licenziamento fino al reintegro, oltre al risarcimento del danno. Nelle aziende con meno di quindici dipendenti, tranne che si tratti di licenziamento nullo perché, ad esempio, fatto verbalmente o discriminatorio, il lavoratore non verrà reintegrato nel posto di lavoro, ma otterrà solo un’indennità fino a 6 mensilità della propria retribuzione come risarcimento danni. Nelle aziende più grandi, invece, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro o, in alternativa, ad un’indennità fino a 24 mensilità di retribuzione per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 o fino a 36 mensilità per quelli assunti dopo, sempre come risarcimento danni.

Pubblicato su: Il Mercatino - maggio 2021 e su: Vesperino magazine - maggio 2021.

Commenti